Ci sono giornate in cui le cose che mi circondano sembrano solo strumenti. Solo modi che ho per raggiungere i miei obiettivi, grandi o piccoli che siano: la pentola giusta per preparare il risotto, il cavo più rapido per caricare lo smartphone, la penna più comoda con cui prendere appunti.

Sono le giornate in cui dimentico di dire grazie alla vita e mi sento come la protagonista della poesia Disattenzione della poetessa Premio Nobel Wisława Szymborska, che non a caso recita: «Ieri mi sono comportata male nel cosmo. / Ho passato tutto il giorno senza fare domande, / senza stupirmi di niente. // Ho svolto attività quotidiane, / come se ciò fosse tutto il dovuto. […] // Nessun come e perché – / e da dove è saltato fuori uno così – / e a che gli servono tanti dettagli in movimento».

Non capita spesso, ma il vortice di attività quotidiane lo rende un pericolo concreto, o quantomeno lo rendeva tale finché non mi sono imbattuta in un libro che mi è parso quasi un antidoto a questa brutta tendenza, un modo letterario, insolito e bellissimo di non trascurare più niente: si intitola Luoghi introvabili (Barta Edizioni) ed è un graphic novel firmato Cristina Ki Casini e Lapidalagallina, che è stato creato con la tecnica del collage con l’intento di mescolare atmosfere, suggestioni, forme creative ed epoche diverse.

Ma la veste grafica è solo l’inizio, se consideriamo che la storia consiste nella trascrizione di un podcast in cui una giornalista intervista i proprietari di alcune attività commerciali assurde, surreali, strepitose: un lettore di cuscini, una disegnatrice di personalità, un lanciatore di insulti, un’addomesticatrice di ombelichi e un ladro di ombre, che lavorano tutti nell’Emporio Polifunzionale Risoluzione Problemi di K.

La copertina del volume

Negozi impossibili e negozianti altrettanto fuori dagli schemi, che non solo vengono raccontati con gusto all’interno dell’opera, ma che sono pure diventati protagonisti di un podcast vero, registrato a partire dal testo del libro per dare vita a una storia multimediale (anzi, transmediale, come la definiscono le autrici), in cui il loro lavoro ci sembra verosimile, utile, perfino importante.

Sì, perché se cinque professionisti strampalati come loro hanno qualcosa in comune è proprio l’idea di dare un’anima agli oggetti che ci circondano: il lettore di cuscini ha accesso ai sogni della gente analizzando il guanciale su cui hanno dormito; la disegnatrice di personalità trasforma mani, piedi e soprattutto occhi sulla base di come le persone sentono di essere; l’addomesticatrice di ombelichi interviene sulla forma del nodo del nostro cordone ombelicale per risanare il rapporto con le nostre madri.

Per non parlare del lanciatore di insulti, che studia, fabbrica e lancia parole forti a chi ha arrecato danno a qualcuno, o del ladro di ombre che pedina i suoi clienti per capire quali ombre negative vadano adeguatamente incenerite al momento giusto, così da rendere loro la vita più serena. Tutti mestieri nobilissimi, favolosi più che favolistici, e in cui il punto d’arrivo filosofico è sempre l’interiorità, mentre il punto di partenza è ogni sorta di oggetto da cui siamo circondati.

Una scelta non banale, che attraverso questo segna-libro fuori dall’ordinario ci porta a ridare dignità alle cose, a osservarle in maniera più profonda, a pensare al legame inscindibile che si crea fra la nostra psiche e la superficie del mondo, fra la materia e l’anima. Per ricordarci che, come scriveva Szymborska, «il savoir-vivre cosmico, / benché taccia sul nostro conto, / tuttavia esige qualcosa da noi: / un po’ di attenzione, qualche frase di Pascal / e una partecipazione stupita a questo gioco / con regole ignote».

Un gioco nel quale non ha importanza solo il risultato, ma anche e specialmente la strada che percorriamo. Nel quale tutto ci parla, interagisce con noi, può avere una voce in grado di stimolarci, di scuoterci, di farci riflettere. Un gioco in cui, perfino nei luoghi più introvabili, gli oggetti hanno di nuovo un valore, un significato, una vita propria. E ci portano a essere più grati per quella che portiamo avanti giorno dopo giorno, lasciando da parte la funzionalità e la produttività per tornare a cogliere la magia, l’incanto e lo spessore dei cuscini, delle ombre o dei nasi intorno a noi. E scusate se è poco.

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