Una giornata con un Neet, i paradossi e le incertezze dei giovani alla ricerca di un lavoro
Hanno dai 15 ai 29 anni, ma in Sicilia ci sono anche gli over 30. Alcuni di loro si affidano al “passaparola”, altri si accontentano di un contratto in nero pur di guadagnare qualcosa, altri ancora, infine, si sono semplicemente rassegnati all’idea di essere dei disoccupati a tempo pieno
Senza girarci intorno, forse oggi siamo un po’ tutti “Neet” (Not in employment, education or training). L’Italia ha il triste primato europeo dei ragazzi tra i 15 e i 29 anni che non studiano, non lavorano e non sono impegnati in un corso di formazione: i “Né né” (così ribattezzati nel Belpaese) sono disoccupati e forze di lavoro potenziali, ma anche inattivi totali che, in Sicilia, hanno messo radici. È proprio qui, infatti, che ai Neet appartengono anche gli over30 che, nonostante l’età, vanno ancora alla ricerca di un posto nel mondo.
Ma come passano la giornata i Neet? Che titolo di studi hanno? Possono definirsi dei “forzati del divano”, oppure anche tra di loro passa una linea di ulteriore disuguaglianza? E, soprattutto, quante e quali energie investono per entrare nel mondo del lavoro? Alessia ha 25 anni ed ha risposto dopo un paio di giorni alla nostra richiesta di raccontarci la sua. Di professione si definisce modella, ma non la svolge a tempo pieno. È per questo che, quando mette da parte i vestiti da indossatrice lascia il suo curriculum in varie strutture ricettive, con la speranza di sfruttare la laurea in Lingue, “singhiozzando” da un’aspettativa all’altra.
Ciro, invece, ha 32 anni e si è appena laureato in Ingegneria meccanica. Trascorre la giornata a caricare il suo profilo di studi su svariati siti di indirizzo preposti alle candidature online, ma da un anno a questa parte nessuna azienda sembra essersi accorto di lui tanto che, negli ultimi mesi, ha chiesto ai suoi parenti di far girare il passaparola tra le amicizie «chissà, magari qualche azienda vicina è in cerca della mia professionalità – dice – Se cerco un lavoro alternativo? Mi piacerebbe insegnare arti marziali, ma non prendo in considerazione altro rispetto a ciò che sono. Prima o poi qualcuno si accorgerà di me e, nel frattempo, mi dedico ai miei hobby».
La diciannovenne Carmela si è diplomata al magistrale l’anno scorso e, nonostante di pomeriggio aiuti l’azienda di famiglia nello svolgimento delle mansioni di segreteria, vorrebbe intraprendere la strada dell’insegnamento «ma è troppo lunga e non mi va di perdere così tanto tempo prima di guadagnare – dice perentoriamente – Ho provato a fare lezioni private, ma il passaparola è stato poco efficace: in un anno ho seguito due bambini. Impossibile camparci. Vorrei fare di più, ma non so come».
E poi c’è la storia di Laura che a 29 anni è laureata in Psicologia, abilitata alla professione con un master in Psicoterapia da incorniciare. Ciò nonostante è una volontaria di Servizio Civile «per sentirmi utile a me stessa – dice con un filo di voce – Sono trascorsi due anni dalla conclusione del master e, quando mi sono resa conto che potevo optare per stage non retribuiti, mi sono trovata di fronte a un bivio: ho valutato se iscrivermi in un altro corso professionalizzante o se aprire uno studio. Ho optato per la seconda ipotesi: mi sono affidata al passaparola, ho stampato dei bigliettini da visita e ho creato una pagina Facebook con le credenziali. I miei genitori hanno insistito affinché qualcuno venisse a fare terapia nel mio studio e, all’oggi, il figlio di una coppia di amici rimane il mio unico paziente. Di giorno trascorro qualche ora a sistemare le cartelle cliniche dei pazienti di altri, ma penso sempre ai miei insuccessi».
L’universo dei Neet, dunque, risulta variegato e complesso: c’è chi hanno terminato la scuola dell’obbligo e non ha trovato ancora una propria strada, chi lavora in nero pur di guadagnare, ma è composto anche dai demotivati che hanno smesso di cercare un impiego perché, dopo la laurea, non sono riusciti ad entrare subito nel mercato del lavoro. Profili diversi, ma tutti altrettanto problematici. La percezione è che gran parte della nostra generazione, quella che un acronimo ha definito Neet o Né né, vive in assenza di direttive, zavorrando alla perenne ricerca dell’occasione giusta che possa aprire loro le porte del mercato del lavoro. Attenzione, però: potrebbe trasformarsi in una fiaba da Mille e una notte.