Vedere il vero volto di un’autrice grazie allo sguardo di chi l’ha amata

Ci sono stati anni, quando ero ragazzina, in cui non volevo sapere niente degli autori che leggevo: sceglievo un testo in base al titolo o alla copertina, in base cioè a una suggestione, e lo mettevo da parte dopo essere arrivata all’ultima pagina, senza interessarmi alla storia di chi l’aveva inventata.

Lo facevo per non avere condizionamenti, a modo mio, e forse è anche grazie a questo approccio così limitato e casuale che a tredici anni ho letto Occhi blu, capelli neri di Marguerite Duras. Era un libro ben più adulto di me, troppo straziante, in parte incomprensibile. Un libro divergente anche nella forma, nella struttura, nel messaggio. Che avevo scelto solo perché il mio primo amore era così anche lui: occhi blu, capelli neri. Pensa te.

Sono passati quindici anni, da allora, e ancora adesso di Marguerite Duras so ben poco. So solo che i suoi libri ho continuato a divorarli, che senza capire come si collocasse nel panorama letterario mi hanno tutti segnata, uno dopo l’altro, come il solco che può lasciare un aratro pesante su un piccolo terreno. L’amante, L’amante della Cina del Nord, Giornate intere tra gli alberi

L’ultimo che mi sono procurata l’ho trovato a Parigi, in una bancarella lungo la Senna tenuta da un’anziana con una lunga gonna a fiori. Moderato cantabile, si intitola, anche in lingua originale. Lei l’ha guardato e ha commentato: «Eh, è brava Duras. Quel libro è qui da anni, non l’ha mai voluto nessuno», quando io non avevo invece mai smesso di cercare la scrittura penetrante e tremenda di questa autrice, pur senza sapere davvero chi fosse.

Ora che in Italia è arrivato Questo amore di Yann Andréa, mi sono detta: Facciamolo. Conosciamola. Capiamola meglio, finalmente. E mi aspettavo di trovarci il mio primo amore, non il mio mio, ma il mio per lei, quell’Occhi blu, capelli neri che mi aveva sconvolta da adolescente. Mi aspettavo di trovarci più letteratura, in generale, e più elementi familiari.

E invece no, perché Questo amore è – appunto – la storia di come Marguerite Duras ha sconvolto un giovane studente di filosofia conosciuto in Normandia. Di come lui è riuscito a mettersi in contatto con lei, a scriverle, a rivederla. Di come se n’è innamorato perdutamente, terribilmente, e di come i due hanno scritto e letto le opere l’uno dell’altra respirando in simbiosi, litigando, riconciliandosi all’infinito.

È un diario, una confessione, la cartella clinica di un mal d’amore. Perché non saranno stati i silenzi, l’alcol o le malattie a dividerli, ma la morte sì, la morte di Marguerite Duras che scompare nel 1996, quando Andréa è ancora nel fiore degli anni ma si chiude in casa, non vive più, perché senza la sua M.D. niente ha più senso, almeno fino al suicidio del 2014 che lo vede idealmente ricongiungersi con lei.

Esecutore testamentario ed erede letterario di Marguerite Duras, amante tenero e onnipresente, esigente e devotissimo, Yann Andréa (che all’anagrafe era Yann Lemée) è stato raccontato da Duras in un libro che – quello no – non ho ancora letto, e ha parlato a sua volta di lei per iscritto anche in questo volume portato in Italia da FVE Editori nella traduzione di Lamberto Santuccio, senza però restituirmi il volto dell’autrice che credevo a lungo di avere scovato fra le pagine.

Così facendo, nel suo delirio lucido e straziante, nella sua dolcezza disperata, mi ha ricordato che ciascuno di noi può innamorarsi della stessa persona per motivi differenti, ponendo l’accento su elementi completamente estranei gli uni agli altri. Della mia Duras qui non c’era niente, e cioè del modo in cui a me erano arrivati i suoi libri, ma va bene così.

Anzi, va pure meglio, perché ne ho scoperta una gemella, eppure diversissima, che è rimasta seduta a cavalcioni sulla mia libreria, sbucando di notte fra le pagine incantate di chi la tiene in vita con la memoria – almeno fino a quando nella capitale francese non ci tornerà anche lei, e magari ripasserà proprio da quella bancarella, e sbirciando per capire se ci sia qualcuno dei suoi testi si imbatterà in un’anziana con una lunga gonna a fiori, che le dirà: «Non ho più niente, mi era restato Moderato cantabile ma se l’è preso una ragazza italiana in un giorno di pioggia».

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Traduttrice di formazione, nonché editor, correttrice di bozze e ghostwriter, Eva Luna Mascolino (Catania, 28 anni) ha vinto il Campiello Giovani 2015 con il racconto "Je suis Charlie" (edito da Divergenze), tiene da anni corsi di scrittura, lingue e traduzione, e collabora con concorsi, festival e riviste. Ha conseguito il master in editoria di Fondazione Mondadori, AIE e la Statale di Milano, e ora è redattrice culturale - oltre che per Sicilian Post - per le testate ilLibraio.it e Harper’s Bazaar Italia. Lettrice editoriale per Salani, Garzanti e Mondadori, nella litweb ha pubblicato inoltre più di 50 racconti.

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