«Abbiamo perso il contatto storico con l’attività eruttiva e ci sentiamo invulnerabili». Questo il messaggio lanciato dal ricercatore dell’INGV, che abbiamo intervistato a margine del suo intervento al convegno “Aetna, da Tifeo ad Alfeo”, tenutosi alla Biblioteca Comunale di Paternò lo scorso 2 febbraio

L’Etna è da sempre luogo del mito. Per i greci era una ninfa, figlia di Urano e Gea , ed era proprio al suo interno che il dio Efesto aveva la sua officina e i ciclopi le loro grotte. A volte chiamato “madre”, il vulcano viene vissuto per la maggior parte del tempo come una presenza benevola, quasi come non fosse per sua natura un possibile pericolo per i territori circostanti. Gli ultimi eventi sismici legati all’attività eruttiva dell’Etna hanno però sviluppato un generale senso di stupore e smarrimento, ingigantito dalla risonanza mediatica data dai social network. Offrire un quadro più chiaro e scientificamente fondato della situazione è stato l’obiettivo del convengo “Aetna, da Tifeo ad Alfeo”, organizzato dalla sezione Iblamajor dell’Archeoclub di Paternò. Raccontare il vulcano attraverso «questioni antropologiche e naturalistiche» è stato l’approccio scelta dal presidente dell’associazione Francesco Finocchiaro, coadiuvato dal responsabile della ricerca scientifica Salvo Caruso, moderatore dell’incontro. Relatore d’eccezione il vulcanologo dell’ Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia Boris Behncke, al quale abbiamo rivolto alcune domande.

BELLEZZA E PAURA. «In mezzo a tutte queste paure, scenari catastrofici e anche bufale, non dimentichiamoci che abbiamo a che fare con il vulcano più straordinario al mondo». Più volte Boris Behncke sottolinea la natura speciale del nostro vulcano: «L’Etna è estremamente gratificante per un vulcanologo. Quale altro vulcano sulla terra ha quattro crateri principali? A questo si aggiunga l’enorme varietà di attività vulcaniche, tra spostamenti del fianco e movimento del magma all’interno, che si vedono unicamente qui». Parlando della storia e della recente attività dell’Etna, Behncke ha più volte osservato come anche le ultime attività non escano al di fuori dell’ordinario: «Il rischio non è né aumentato né diminuito – spiega il ricercatore – il cambiamento è avvenuto gradualmente, niente di nuovo sotto questo cielo. C’è stato un graduale crescendo del movimento orizzontale dei fianchi sotto la pressione del magma che si accumula. L’ultima eruzione di fianco o laterale durata dal 24 al 27 dicembre 2018, è stata molto più ridotta rispetto a quella precedente del 2009, durata 14 mesi».

REALTÀ E FAKE NEWS. Un’altra questione affrontata è stata quella delle “fake news” e di come i social siano diventati veicolo di allarmismo e disinformazione. Tra i casi, quello riguardante lo studio “Gravitational collapse of Mounth Etna’s southeastern flank” pubblicato il 10 ottobre 2018 sulla rivista “Science Advances” (su cui abbiamo già investigato) dopo il quale su molti giornali sono apparsi titoli catastrofici su un imminente tsunami nel Mediterraneo.  Sulla vicenda Behncke ha ribadito: «Alcuni tabloid vivono per creare angoscia e paura. Lo studio in realtà era molto più asettico, anche se forse i colleghi si sono comportati in maniera un po’ ingenua, pensando di avere uno scoop. Questi fenomeni vanno di certo monitorati, ma senza allarmismo in quanto tutto sommato il rischio è contenuto».

RIVOLUZIONE ANTISISMICA. «In questo Paese c’è molto analfabetismo per quanto riguarda i terremoti e questo non è degno di un Paese sismico come l’Italia». Così Behncke pone l’accento sul mancato adeguamento sismico di molti edifici e sulla mancanza di preparazione a questi eventi catastrofici: «Terremoti con picchi di 4.8 non dovrebbero avere conseguenze. Ci vuole una presa di coscienza, una rivoluzione antisismica, andando a vedere per ogni casa il luogo in cui è stata costruita e come reagisce all’evento sismico. – e conclude – Abbiamo perso il contatto storico con l’attività dell’Etna e ci sentiamo invulnerabili, dimenticandoci di vivere sotto un vulcano. Servirebbe invece fare più prevenzione anche nei periodi in cui non sussiste un allarme; d’altronde non si impara a guidare dopo che si è andati a sbattere contro un muro, ma prima!».

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