Nessuna area geografica di simile grandezza può vantare la quantità e la diversità di eccellenze che la nostra isola ha sfornato, lungo i secoli, in qualsiasi campo del sapere: perché? Perché nessuno, come noi, ogni giorno si confronta con angusti confini materiali e morali e sa oltrepassarli fino a giungere ad un’infinita poesia

Ci sono confini che sono fatti per essere superati. Siano essi geografici o artificiali, naturali o istituiti dall’uomo, la loro sola presenza congiunge e divide allo stesso tempo luoghi, uomini, storie. Ma cosa succede se un confine finisce per divenire invalicabile? Se le ristrettezze della vita, o le scelte scellerate di governanti e potenti di ogni tipo, si frappongono al loro scavalcamento? Si tratta, in fondo, di una questione di libertà. Da sempre i siciliani anelano al suo raggiungimento, nelle svariate forme che in ogni epoca essa può assumere – dall’indipendenza dallo straniero al peso politico, passando per un dignitoso miglioramento della qualità della vita e delle condizioni di lavoro, nonché dall’abbattimento della criminalità – ma raramente possono affermare di aver assistito al suo compimento. Trasversalmente, la gran parte degli isolani ha coltivato, più o meno riservatamente, questo sentimento: umili contadini, pescatori, uomini di scienza, filosofi, musicisti. E, soprattutto, letterati.

Questo contraddistingue indubitabilmente la Sicilia rispetto ad ogni altra parte del mondo: non esiste, infatti, una terra di tali dimensioni che sia stata capace di dare i natali ad una sconfinata e variegata quantità di uomini culturalmente e moralmente illustri. Per far sì che un paragone venga istituito dovremmo considerare intere nazioni: la Germania dei grandi pensatori, l’Italia dei grandi pittori, il Regno Unito dei grandi cantanti e via dicendo; ma se prendessimo una singola regione di questi o di altri Paesi le proporzioni sarebbero impietosamente a sfavore per qualunque altro luogo. Non solo, del resto, la Sicilia eccelle in ogni campo del sapere – tanto che sarebbe tutt’altro che faticoso individuare nomi celeberrimi in ogni materia, dalla musica alle arti figurative – ma anche in ogni sua parte, persino la più minuscola. Basti pensare alla Racalmuto di Sciascia, alla Caltagirone di don Luigi Sturzo o alla Mineo di Capuana. La nostra isola non ha un centro: non perché ne sia priva, ma perché ne ha in sovrabbondanza. Ogni centimetro di terra è fecondato da un’indicibile poesia, ogni strada, ogni piazza racconta una storia più o meno conosciuta. In questo turbine di creatività, cos’hanno in comune piccole e grandi città? Il concetto di confine, appunto. Per sua natura, il siciliano non sa proiettarsi se non oltre i limiti che incontra fin dalla sua nascita. Le parole di un romanzo o di un motivetto dialettale, le raffigurazioni di un mosaico o le intuizioni di scoperte epocali come quelle di Majorana sono tutti inni alla libertà, sfide alle delimitazioni che qualcun altro ha stabilito. Questa è la risposta a chi si chiede come sia possibile che la Sicilia abbia prodotto così tanta grandezza: superare le convenzioni richiede un inesausto sforzo di ricerca. E soltanto chi sente che la libertà non è ancora in suo possesso, soltanto chi non sa fare altro che conquistarsela giorno dopo giorno senza sentirsi mai appagato può gettarsi in questa avventura.

Bufalino sarebbe stato lo stesso scrittore che conosciamo se la Comiso nella quale amava rintanarsi fosse stata una metropoli? Camilleri avrebbe avuto lo spunto per creare il variopinto universo vigatese se fosse provenuto da un luogo diverso da Porto Empedocle? O ancora, avrebbe potuto Brancati cantare le meraviglie e le ferite di Catania se non avesse mosso i primi passi da Pachino? Così siamo in grado di esplorare l’infinito pur rimanendo ancorati a noi stessi: perché ci sentiamo irrimediabilmente mancanti, privati di un diritto a cui dare la caccia. Per un siciliano il limite non è un punto di arrivo di fronte al quale alzare le braccia in segno di resa, ma la condizione imprescindibile per cambiare il proprio destino, un pungolo a rifuggire la stagnazione di una vita esclusivamente contemplativa, che osserva le barriere come giustificazione del fallimento. Un compagno/nemico di vita che ci invita a sopravanzarlo con il profumo della libertà.

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