Quante volte da bambini ci siamo sentiti dire “zitto e mangia!”? Un rimprovero che a lungo andare è diventato quasi un rituale, come se, senza di esso, nessun pasto potesse definirsi tale. Grazie alla cura di Luca e Marco Pappalardo – che condividono non solo lo stesso sangue ma anche l’amore per la scrittura – Zitto e mangia! non è più soltanto una bonaria minaccia dei genitori, ma un progetto di educazione e rieducazione al piacere della tavola, adesso anche sotto forma di libro, pubblicato da San Paolo Edizioni. «L’idea del libro – racconta Luca Pappalardo, chef del ristorante Pane e Panelle di Bologna – è nata da un progetto concreto che qualche anno fa abbiamo sviluppato nella trattoria in cui lavoro. Quando vedevamo tantissimi ragazzi uscire da scuola, sapendo che dopo un’ora sarebbero dovuti tornare per le attività pomeridiane, ci siamo chiesti dove andassero a mangiare e cosa facessero, accorgendoci ben presto che rimanevano sperduti per le strade a mangiare cibi tutt’altro che sani e a non fare nulla». Da qui l’idea di unire l’importanza di una corretta alimentazione al tema sociale dell’aggregazione: «Abbiamo deciso di aprire le porte della trattoria a questi ragazzi, con il progetto Zitto e mangia!, proponendo un menù ad un prezzo simbolico, ma con delle regole: si mangia tutto quello che c’è nel piatto, in un’ottica di educazione al cibo e alla buona nutrizione, in tavoli sociali dove è vietato avere il telefono».

DALLA TAVOLA ALLA CARTA. Ma come si è arrivati all’idea del libro? «L’intuizione di Marco – prosegue Luca – è stata quella di mettere per iscritto i racconti che venivano fuori da questo progetto dandogli una linea didattico-educativa il più possibile simpatica e legata alla quotidianità, in modo tale che il lavoro che si fa a casa con i genitori possa rientrare all’interno di regole semplici e piacevoli di convivenza e portare a risultati di comunità all’interno della famiglia». Un progetto che intende porre l’accento sull’importanza dell’educazione alimentare, molto spesso messa da parte dai genitori per mancanza di tempo e conseguentemente poco coltivata all’interno dell’ambiente familiare: «Di cucina si è parlato tantissimo, soprattutto negli ultimi anni – spiega Marco, docente di lettere presso l’istituto “Majorana-Arcoleo” di Caltagirone –  ma l’aspetto dell’educazione alimentare è ancora appannaggio solo dei nutrizionisti, come se fosse visto ancora come un tema da affrontare esclusivamente quando ci sono dei problemi di salute che necessitano delle cure. In realtà, la cura e il prendersi cura viene prima, e vale per tutti. C’è bisogno di accorgersene, soprattutto perché tutto ciò che riguarda il cibo è strettamente collegato con il corpo, con la persona, e mai come oggi il corpo e l’immagine sono alla base di numerose criticità che rendono ancora più vulnerabili i nostri ragazzi, e non possiamo far finta che non sia la realtà».

RISCOPRIRE LA GIOIA. Molti gli spunti educativi all’interno del libro, per rendere quello del pasto un momento più consapevole non solo nell’atto concreto, ma anche in tutto ciò che gli ruota attorno, a partire dalla spesa, oggi sempre più frenetica e poco consapevole, passando per l’atto del cucinare, fino al momento di sparecchiare e differenziare i rifiuti prodotti, ma anche tantissime ricette che permettono ad adulti e ragazzi di cimentarsi in una nuova esperienza. Un incoraggiamento particolare viene dato agli adulti nel prestare maggiore attenzione a ciò che si fa a tavola, poiché da sempre rappresenta il momento per eccellenza in cui tutta la famiglia si riunisce, dove si sviluppano quei legami che durante la giornata lasciano spazio ai nostri impegni e, soprattutto, di permettere ai ragazzi di essere liberi di sperimentare: «Lavorare nella cucina di un ristorante è una cosa, ma quando siamo a casa siamo tutti uguali: non può esserci competizione in casa, deve esserci il piacere di cucinare. E se sapete di avere una settimana molto intensa, preparate delle scorte con la vostra famiglia nel giorno libero. La cosa fondamentale è la gioia, la cucina non va considerata come un peso. E soprattutto, date importanza ai figli e alle loro capacità: insegnategli qualcosa e vedrete che sapranno esservi di grande aiuto» spiega Luca.

LA RICETTA VINCENTE. La cucina, dunque, come luogo privilegiato dell’educazione. Un processo che richiede, anch’esso, il giusto mix di ingredienti: «Credo – illustra Marco – che siano tre i fattori fondamentali che entrano in gioco in questa dinamica. Il primo è pensare e realizzare insieme, non fossilizzarsi in ruoli statici. Il secondo è che non solo le forzature possono portare a fare qualcosa: ricordiamo tutti che nel periodo del lockdown, costretti a stare a casa, tutti cucinavamo per occupare il nostro tempo, ma ora mi chiedo chi ancora lo faccia. Facciamo tesoro di questa esperienza, educare è anche acquisire qualcosa di nuovo che possiamo spendere in un altro momento. Il terzo e ultimo ingrediente è ritornare alla semplicità e felicità di questa dimensione globale della cucina, secondo me ultimamente un po’ spenta. Guardiamo al mangiare con occhi diversi, rendiamolo qualcosa di più sereno e più felice. È un momento che va valorizzato».

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