Alle 20:15 le sue porte si aprirono per la prima volta al pubblico catanese. All’evento parteciparono le più illustri personalità cittadine: Mario Rapisardi, Pietro Platania, Giovanni Verga, Luigi Capuana e Federico De Roberto

[dropcap]“[/dropcap][dropcap]C[/dropcap]ittadini di ogni ceto e d’ogni partito si sono messi d’accordo per rendere più solenne tale inaugurazione, cooperandovi per la buona riuscita delle feste. Le principali vie della città saranno imbandierate e straordinariamente illuminate”. Così recitava la Gazzetta del Popolo il 10 aprile 1890, un mese e mezzo prima della sontuosa inaugurazione del nuovo teatro cittadino, dedicato a Vincenzo Bellini. Un fiore all’occhiello progettato dall’architetto milanese Carlo Sada, che – come raccontava Saverio Fiducia nel Giornale dell’Isola – “piccolo un po’ curvo, brizzolato, andava e veniva, su e giù, dando ordini, consigli, rimproveri a quel piccolo esercito di pittori, di tappezzieri, di gassisti”.

TRA ARTE E COSTUME. A inaugurare la Stagione diretta da Cesare Rossi, che aveva in programma “Aida” di Verdi, “La Gioconda” di Ponchielli e “Faust” di Gounod, non poteva che essere “Norma”, il capolavoro di Vincenzo Bellini che quasi cinquant’anni prima aveva debuttato al Teatro alla Scala di Milano, andando tuttavia incontro a un rumoroso fiasco. Il 31 maggio del 1890, il nuovo Teatro Bellini di Catania avrebbe avuto la sua Norma in Virginia Damerini, accompagnata da Olimpia Boronat nella parte di Adalgisa e Giulio Rossi in quella di Oroveso.
Intanto, mentre nelle pagine interne dei giornali catanesi figuravano le pubblicità delle Pilules orientales, “le uniche capaci di restituire un petto da diva”, in città era già iniziata la corsa ai biglietti, con prezzi che partivano da 2 lire e 50 centesimi in piccionaia, fino ad arrivare alle 25 lire del palco di prima fila. E non mancavano neanche le proteste verso “quattro speculatori che hanno accaparrato il teatro, allo scopo di rivendere poi per il doppio ed anche il triplo ogni biglietto”, come denunciava Emanuele Milana sul Corriere di Catania.

LA SERATA INAUGURALE. Erano le 20:15 quando i cancelli d’ingresso si aprirono per la prima volta al pubblico. In pochi secondi i corridoi furono testimoni di un viavai di spettatori, e la sala e i palchi iniziarono a riempirsi. Le cronache dell’epoca narrano di dame scollate e ricche di gioielli, cavalieri in marsina e tuba, ufficiali nelle decoratissime uniformi di gala che “varcano per la prima volta la soglia dello sfarzoso teatro, illuminato da migliaia di fiammelle di gas”. Nella Cronaca di Cristoadoro è raccontato un teatro dall’aspetto maestoso e principesco, ricco d’oro e abbondante di luce, “un colpo d’occhio mai visto così attraente ed imponentissimo”, con i saloni attraversati da “grandi toilettes scollacciate alla esagerazione e sino alla impudicizia, gli uomini in poltrona col frack e gibus, quelli nei posti in platea in abito nero”.
All’inaugurazione parteciparono le più illustri personalità catanesi: Mario Rapisardi, Pietro Platania, Giovanni Verga, Luigi Capuana, Federico De Roberto “e tutti i nomi più altisonanti del mondo, dalla dama di corte della Regina Margherita, principessa di Cerami Calderon, alla dama di palazzo della stessa sovrana marchesa Enrichetta Paternò Castello di Sangiuliano”. Oltre ai personaggi locali, erano presenti famiglie provenienti da Acireale e dalla provincia, e persino da Messina e Palermo.

Anche se la “prima” di Norma non entusiasmò la critica (ci fu addirittura chi come “Piccolo” sulla Gazzetta del Popolo annunciò che, cantanti a parte, ormai l’opera di Bellini aveva fatto il suo tempo), a partire dal 31 luglio del 1890 il Teatro Bellini entrò a far parte dell’immaginario collettivo di una città intera. Il Corriere di Catania lo descrisse come “Splendidamente illuminato e bene arredato, esso è davvero un’opera d’arte ed anche per questo lato va data lode sincera a quegli artisti ed ingegneri che fecero opera così bella”.
In fondo, lo scriveva anche Beniamino Gigli nelle sue memorie, “Il teatro Bellini a Catania è, a mio giudizio, il teatro d’opera più bello e più acusticamente perfetto del mondo, acusticamente più perfetto ancora del San Carlo, e persino più bello della Fenice. […] Cantare un’opera di Bellini nella sua città natìa, e, che più importava, in quello che era il mio favorito fra tutti i teatri d’opera del mondo, questo solo bastava per rendermi felice”.

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