Questa pianta della famiglia delle “Fabaceae”, il cui nome deriva da un antico sostantivo greco che significa sapore amaro, continua tutt’oggi a essere venduta in bustine trasparenti per poi essere cotta a fuoco lento, ma non tutti conoscono la sua efficacia in ambiti come l’agricoltura e la salute

I suoi semi altamente proteici sono stati per interi decenni una costante nelle spiagge di ogni litorale della regione, o ai caselli autostradali verso qualsiasi direzione. Stiamo parlando dei luppìni (luppìna), che nella forma italiana standard perdono una “p” e che nonostante il loro prezzo stracciato e le loro caratteristiche alimentari sono sempre rimasti dei legumi di nicchia. La loro origine non è propriamente siciliana, per quanto proprio nella Trinacria siano rimasti una tradizione irrinunciabile fino ai giorni nostri, ma senza dubbio sono in molti ad associarli all’isola per via della loro celebre menzione ne I Malavoglia dello scrittore Giovanni Verga. È proprio un carico di lupini, infatti, che all’inizio del romanzo viene perduto dalla famiglia protagonista durante il naufragio in barca nel quale sono coinvolti Bastianazzo e il suo garzone, anche se alcuni studi filologici hanno di recente fatto pensare che si trattasse di uno specifico tipo di vongole omonime, dal momento che secondo il testo il carico andò a male, cosa impossibile per dei semi che resistono anche alla canicola.

Ad ogni modo, questa pianta della famiglia delle Fabaceae, il cui nome deriva da un antico sostantivo greco che significa sapore amaro, è rimasta nell’immaginario collettivo di molti e ha continuato a essere venduta in bustine trasparenti per poi essere cotta a fuoco lento e salata finché non perde il retrogusto sgradevole. Non tutti sanno, però, che oltre a saziare i più ghiotti l’alimento è utile sia per l’ambiente sia nel settore agricolo, grazie al suo alto contenuto di azoto – rilasciato gradualmente non appena entra in contatto con il terreno – e alla sua capacità di migliorare la fertilità delle aree in cui si coltivano agrumi.

Per di più, è spesso utilizzato per il nutrimento di certi animali da allevamento e pochi anni fa è stato addirittura protagonista della quattordicesima edizione della Conferenza Internazionale sul Lupino, svoltasi a Milano in occasione dell’Expo dal 21 al 26 giugno. Consumarlo in quantità maggiori, infatti, sarebbe auspicabile tanto per i celiaci quanto per i diabetici, oltre a garantire dei vantaggi generali a livello intestinale, cardiaco, dei vasi sanguigni e del sistema immunitario. Proprio grazie alla sua fama di partenza, quindi, la speranza di medici e ricercatori è che torni nelle tavole della cucina mediterranea, oltre a rimanere un elemento chiave del patrimonio culturale e linguistico del sud Italia.

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