Che la realtà superi sempre la fantasia è cosa nota. In Sicilia, dove non è raro vedere divani a tre posti trasportati come se nulla fosse a bordo di uno scooter o dolci da colazione grandi molto più di una mano, si tratta di un’occorrenza quotidiana. Stranezze davanti alle quali, per quanto vi siano abituati, neanche i siciliani riescono a restare indifferenti. Al punto da avere inventato per questo stato d’animo una parola decisamente curiosa: alluccutu.

Italianizzato da molti scrittori siciliani come Pirandello in “allocchitto” (il Grande Dizionario della Lingua Italiana Battaglia lo indica come participio passato del verbo “allocchire”), alluccutu indica qualcuno stupefatto, sbalordito, intontito. Ma cos’è l’allocco, da cui deriva questo originale termine dialettale? È un uccello rapace notturno simile a un gufo, ma più grosso e con due grandi occhi tondi apparentemente sperduti nel vuoto. Una specie diffusa in tutta Italia, ma solo il siciliano, con il suo spirito ironico, non poteva non notare quello sguardo sperduto e farne un aggettivo che indichi stupore. Un’espressione intontita, non molto diversa da chi resta sbalordito da qualcosa, alluccutu appunto! E non a caso allocco in latino è strix alux, Le attestazioni di alluccutu sono molto frequenti nel dialetto e nell’italiano regionale, come nelle favole siciliane di Giuseppe Pitrè: “Lu Re rimasi alluccutu di li biddizzi di sta picciotta e la vosi pi mugghieri” si legge nel “Ciciruni”, ossia “il Re rimase sbalordito dalle bellezze di questa ragazza e la volle in moglie”. Un termine che ha origine a fine ‘800 e ancora oggi è in uso, soprattutto nella parte occidentale della Sicilia, forse anche grazie al contributo di Andrea Camilleri, i cui personaggi del celebre Montalbano più volte restano alluccuti.

In questo inverno che sa di primavera, presi dal torpore del tepore e sbalorditi per le alte temperature…potremmo dire che siamo tutti un po’ alluccuti!

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