Se è vero che nel dialetto siciliano non sono poi così tante le parole che cominciano per z, per quanto restino comunque più numerose quelle usate nel linguaggio quotidiano rispetto a quanto accade nella lingua italiana, è altrettanto vero che ad abbondare sono invece i cognomi dei siciliani che iniziano con l’ultima lettera dell’alfabeto.

Alcuni, come per esempio Zappaterra, mantengono ancora oggi un’evidenza esplicita della loro origine, rimandando ad antichi lavori che erano diffusi nel territorio e che diventavano quindi uno dei tratti distintivi degli abitanti. Altri, pur essendo oggi più ermetici, derivano comunque da un mestiere vero e proprio, come accade nel caso di altri curiosi esempi che analizziamo di seguito.

Il primo su cui ci soffermiamo è Zagàmi, particolarmente diffuso nel catanese, che tradizionalmente era attribuito agli allevatori di bovini dal momento che za‘āham, in arabo, vuol dire proprio vacca. C’è poi Zappalà, che dà anche il nome a una nota marca di prodotti caseari, e che ancora oggi è attestato in numerose aree della Trinacria: in questo caso secondo Treccani il riferimento è al greco Tsapalàs, ovvero venditore di fichi, anche se stando a vari siti specializzati nell’etimologia dei cognomi potrebbe invece derivare dall’arabo zz-bi-Allàh (it. forte in Allah).

Controversa è anche la storia etimologica di Zuccalà, forse arrivato in Sicilia attraverso la Calabria, che se da una parte fa pensare al greco Tsukalàs, cioè pentolaio, dall’altra parte potrebbe invece essere un’evoluzione di dùq allah – da dawq allah, che potremmo rendere in italiano come gioia di Dio. Più sicura, invece, l’origine di chi per cognome fa Zirafi, appellativo che affonda le sue radici nel greco xyráphion (rasoio), e che dunque designava un tempo la professione dei barbieri.

Storie tutte curiose e spesso complesse, che ci raccontano di una Sicilia variegata e caratterizzata da una popolazione sempre pronta a rimboccarsi le maniche in qualunque settore della produzione.

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