È domenica a Catania. Profumi provenienti da antichi balconi mi accolgono tra le vie del centro e, come il ticchettio di un orologio, mi intimano che è l’ora di sedermi a tavola per pranzo. La tavolata a cui siedo è un po’ inconsueta: a predisporla, infatti, non è uno chef qualsiasi ma una produttrice vinicola. L’evento si chiama MeCook – vignaioli in cucina ed è l’originale iniziativa del ristorante Il Sale, locale quasi ventennale che anima via Santa Filomena. Il format prevede menù di volta in volta pensati, preparati e presentati da cantine siciliane: non il cibo a guidare la scelta del vino bensì il vino a decidere le portate. «Un modo di rivedere la degustazione – spiega il proprietario Massimiliano Lauricella – valorizzando la cultura enogastronomica del territorio e, insieme, la nostra clientela». Dopo due appuntamenti, a indossare la toque blanche stavolta è Anna Alessandro della cantina Alessandro di Camporeale. Cosa ci propone Anna?

I vini proposti

IL MENU. Cominciamo dall’antipasto: il Monreale Bianco del 2020 – un seducente e armonioso Cataratto in purezza dal bouquet fruttato e floreale – ispira un’apertura, Polpettina della nonna e insalata d’inverno (arance e finocchi), che ci catapulta subito a casa di Anna e Concetta, le due nonne di Anna. «Per me la polpetta è il comfort food per eccellenza. Sono la più grande dei nipoti ed ho avuto la fortuna di godermi di più le mie nonne. Le domeniche si alternavano una a pranzo da nonna Anna e una a pranzo da nonna Concetta. Entrambe con l’avanzo di panatura delle cotolette facevano delle polpettine che mettevano al riparo dalle mani. Tranne dalle mie: appena arrivavo da loro sentivo l’odore di frittura e mi dirigevo ad assaggiare le polpettine che quindi per me erano l’apertura domenicale. Me lo lasciavano fare perché amavo passare il tempo con loro in cucina». Ed ecco che la polpettina rubata diventa la petite madeleine di Proust che mentre apre il pranzo e i ricordi di famiglia della produttrice, apre anche i ricordi d’infanzia dei presenti. A confermare l’abbinamento, apparentemente ostico per la presenza del finocchio, la scorza d’arancia candita che dà una nota di freschezza al ricordo ed esalta le uve cataratte.

Cacio all’argentiera

Proseguiamo con un Trainara Etna Bianco DOC 2020 – un blend di uve Carricante e Catarratto e Trainara fragrante, fresco e minerale che rivela nel finale note agrumate di pompelmo –  accompagnato dal Cacio all’argentiera, «simbolo dell’arte dei siciliani di arrangiarsi. Nasce infatti, si sofferma Anna, dalla fantasia della moglie di un argentiere di Palermo caduto in disgrazia che non poteva più permettersi certi manicaretti ma doveva mantenere le apparenze. Il caciocavallo semi stagionato viene fritto in olio aromatizzato con aglio e sfumato con aceto e origano che qui ho sostituito con il timo perché secondo me si abbina molto bene al vino scelto». Accoppiata azzeccata ed equilibrio ineccepibile degli ingredienti secondo Vittorio, winelovers che si sta godendo il pranzo insieme a un gruppo di amici.

Arriviamo finalmente al primo, Pasta alla Milanisa (variante occidentale della catanese pasta con le sarde) che, come ci spiega Anna, per i camporealesi è sinonimo della festa di San Giuseppe. Ad accompagnarla il Croceferro Etna Rosso DOC 2020, un nerello mascalese ben equilibrato e caratterizzato da note di melograno. 

Pasta alla Milanisa

Ben più strutturato e persistente il calice che segue: il MNRL del 2017, raffinato Cru di Syrah estremamente ricco e avvolgente, che si scrive MNRL ma si pronuncia Monreale. A svelarci il perché è Anna: «Nel 2016 mettiamo in bottiglia questo vino con più lungo affinamento in legno ma anche in bottiglia tant’è che esce nel 2019. Durante la sua lunga gestazione decidiamo di entrare nel consorzio tutela Doc Monreale. Ma i vini non erano ancora iscritti allo schedario viticolo come atti a Doc Monreale: così, non potendo scrivere Monreale, abbiamo deciso di togliere le vocali». Con cosa si sposa questo rosso? Con il Brociolone agglassato servito con un contorno che tra arancio, verde, rosso e marrone ricorda il tramonto che colora i profili dei vigneti. «A Camporeale il brociolone, detto anche falsomagro, si fa con il ragù ma mia nonna Concetta, che era di San Giuseppe Iato, lo faceva agglassato. Questa è la sua ricetta del cuore. E anche la ricetta del Natale». Un secondo perfettamente riuscito nella cottura, che è quasi l’emblema della nostra cucina, «caratterizzata da questi piatti semplici dalla preparazione lunga».

Brociolone agglassato

Satolli ci avviamo al dolce affidato alle Cassatelle Camporealesi: due sfoglie fragranti simili alle chiacchere farcite con della ricotta leggermente dolce che Anna, sfidando il galateo, ci invita a mangiare con le mani. Ed è con loro che entra in scena, come l’ospite in ritardo ma il più atteso, il Kaid vendemmia tardiva Syrah 2021. Un vino da dessert atipico nel panorama siciliano dominato da vini da bacca bianca (passiti, malvasia), che si contraddistingue per il grande equilibrio tra dolcezza (tutta naturale) e acidità. Un fine pasto dal gusto sorprendentemente avvolgente che rievoca al naso il mirto. La chicca finale che fa rientrare a casa coccolati, allegri e appagati.Appuntamento venerdì sera con uno speciale off che vedrà protagoniste le etichette di Pucci Giuffrida, firmate con una giovanissima pittrice catanese di cui proprio gli spazi del locale, nato come galleria, ospiteranno una mostra temporanea, e domenica 11 dicembre a pranzo con Kika Fina di Cantine Fina.

Cassatelle Camporealesi

L’azienda vinicola Alessandro di Camporeale

Camporeale sorge nel punto di unione delle province di Palermo, Trapani e Agrigento: qui l’azienda ha 45 ettari di vigneti tutti coltivati in regime biologico. Cosa ci fanno allora tra calici occidentali i vini dell’Etna? «Per un vignaiolo, per un enologo, – ci spiega Anna Alessandro – l’Etna è una palestra stimolante perché la diversità, che è la ricchezza di tutta la nostra Isola, qui si intensifica non solo da versante a versante ma anche da contrada a contrada influenzandone i vini. Per noi confrontarci con questo terroir, che rende il vino profondamente diverso da quello di Camporeale, è quasi un parco giochi». Così dal 2015 Anna e la sua famiglia lavorano anche su vitigni etnei, per un totale di 10 ettari di vigneti tra Castiglione di Sicilia e Linguaglossa di cui 6 e mezzo già produttivi. «Le vinificazioni? Abbiamo ristrutturato un antico palmento lungo la Mareneve che oggi è una cantina che si prepara anche ad aprirsi all’ospitalità». Non nasconde però le difficoltà dovute soprattutto ai terrazzamenti: «Noi veniamo da una zona collinare dove i sesti di impianto sono molto più semplici da realizzare. Ma alla fine ci siamo riusciti. Ed è sull’Etna che in primavera usciremo con il primo rosato della nostra storia aziendale».

Foto di Natale De Fino e Roberta Irullo

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