«Questa estate giovani africani che gestiscono il Lido Colonia Don Bosco a Catania, accolti alcuni mesi prima, hanno dato il benvenuto a profughi ucraini: è significativo che l’abbiano fatto proprio loro». È una delle storie raccontate dal giornalista e già vicedirettore di Avvenire, Giorgio Paolucci nel suo ultimo libro “Cento ripartenze. Quando la vita ricomincia” (Itaca, 2022), che raccoglie editoriali usciti sul quotidiano di ispirazione cattolica e alcuni inediti. Testi brevi, i cui protagonisti – incrociati nella vita personale e professionale dall’autore – si fanno strada tra le avversità indicando risposte possibili ad un’attualità che per molti, avverte il giornalista, si fa sempre più cupa. «Il covid che ci fa compagnia da quasi 3 anni, la guerra che è entrata nella nostra quotidianità, la crisi energetica. La nostra epoca è caratterizzata dal buio esistenziale: giovani e adulti sono confusi, non sanno a cui ancorare la loro vita. Più che mai c’è bisogno di accendere lampadine che non cancellano il buio ma mostrano punti di ripartenza». 

La copertina del volume

Una ripartenza che passa anche attraverso la nostra isola, dove ad esempio opera l’orchestra di MusicaInsieme a Librino, un progetto basato su “El Sistema” del maestro venezuelano Josè Abreu che offre ai giovani del quartiere popolare di Catania strumenti in comodato d’uso e lezioni gratuite. Un nuovo inizio per Paolucci, tuttavia, significa anche cambiare radicalmente direzione alla propria vita. Ne è una testimonianza tangibile la conversione di Domenico Pace, componente del commando omicida che uccise Livatino, il quale dal carcere scrive una lettera sul suo cammino di scoperta della fede. «E poi c’è la storia dell’Associazione Cappuccini che inverte la logica con cui si guarda alle situazioni difficili» e che da anni sottrae alla strada i giovani del difficile quartiere catanese. Adesso, ad aiutare i volontari un’Impresa Sociale milanese che sta realizzando un progetto per mostrare ai ragazzi della zona splendidi luoghi e meravigliosa cultura. «In genere questo tipo di iniziative è anti-qualcosa, come se fosse più importante opporsi al male che costruire il bene –  commenta Paolucci – e invece il progetto si chiama “Di bellezza si vive”». Queste, come le altre raccolte nel libro, sono tutte storie con protagoniste «persone comuni che hanno avuto il coraggio di riconoscere occasioni di ripartenza e accogliere la sfida». 

Quelle raccontate da Paolucci sono storie di persone straordinarie che hanno fatto cose ordinarie. «Gli uomini – spiega ancora il giornalista, citando Arendt –  anche se devono morire, sono nati per ricominciare. Tuttavia, per reagire non bastano gli slogan rassicuranti: serve qualcosa di solido che dia significato e vigore all’esistenza. Le persone sono le braccia attraverso cui Dio ci raggiunge. Quando ci sentiamo rotti possiamo incontrare qualcuno che ci fa ripartire. Certo – precisa –, Dio potrebbe passarci di fianco tante volte e noi non riconoscerlo. Ci vuole la libertà per aderire a ogni possibilità di ripartenza». Un invito ad alzare la testa e ad accendere, prima di tutto, il nostro sguardo: sugli eventi, sugli altri, su noi stessi. «Il dolore c’è, le cose che non vanno pure. Non dobbiamo essere ingenuamente ottimisti ma guardare la realtà in tutta la sua profondità. Impariamo a riconoscere nei volti e negli accadimenti i punti di luce che la realtà offre: è un esercizio per la vita». Ed è per questo che il testo si chiude con una pagina in bianco che incoraggia chi legge a scrivere la propria ripartenza. «È cambiato lo sguardo sulla mia vita: adesso istintivamente quando accade qualcosa sono attento a cogliere segni di positività. Mi piacerebbe lo facesse anche il lettore».

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