Il dialetto siciliano, già da secoli, è celebre per l’intraducibilità di alcuni concetti linguistici e culturali, che sono il risultato di una storia legata a diverse dominazioni e mentalità. Per quanto in molti casi si sia infine risaliti all’etimologia di certi termini e si conosca, in generale, il contesto in cui sono nati, in altri casi i misteri che avvolgono l’origine di una parola rimangono ancora irrisolti e affascinanti.

Ciò vale, per esempio, per l’aggettivo infrasciamàtu (o ‘nfrasciamàtu), che continua a essere utilizzato ai nostri giorni in numerose circostanze. Sorprendentemente, la voce non figura in nessun dizionario etimologico né nei vocabolari siciliani in circolazione, mentre è citata nel volume Gran Circo Catania. Guida improbabile a cura di Giuseppe Lazzaro Danzuso ed edito da Carthago Edizioni. Questo suggerisce già la sua diffusione in un’area che coincide per lo più con il capoluogo etneo, sebbene negli ultimi decenni sia divenuta familiare anche in altre province della regione.

Se volessimo spiegare il suo significato, potremmo pensare al corrispettivo italiano sciatto, trasandato, oppure optare per la perifrasi colui che è vestito di stracci – o che, più in generale, non è vestito né con cura né con abiti di una certa qualità. Spesso l’aggettivo è quindi associato a mendicanti, bambini che hanno appena finito di giocare per strada strappando magari il tessuto di un paio di pantaloni o, più semplicemente, persone dalla scarsa passione per la moda. A dispetto della sua precisione semantica, il termine ha un’etimologia ancora incerta, che lascia spazio a diverse teorie.

La più probabile sembrerebbe essere associata al sostantivo italiano frasca, che con valore collettivo secondo Treccani indica «rametti di arbusti e di alberi che si recidono per darli, freschi o secchi» e, quando declinato al plurale, in senso concreto «ornamenti d’abito, fronzoli». Si potrebbe dunque immaginare l’infrasciamàtu come una persona avvolta intorno a ramoscelli secchi anziché a un vestito elegante, o che magari ha addosso dei fronzoli di dubbio gusto estetico. Al momento, tuttavia, si tratta solo di supposizioni, per quanto la filologia possa riservarci in un prossimo futuro qualche curiosa novità in merito.

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