Cartoni improvvisati a fare da coperta contro il freddo. Due cani come unica, fedele compagnia. Adagiato sul ciglio di una delle tante strade deserte della Catania che tenta di ripararsi dall’imperversare del Coronavirus, Nello non ha altro: non ha quattro mura da cui poter inneggiare all’hashtag #Iorestoacasa, né tantomeno un luogo che gli permetta di lavarsi o di espletare i propri bisogni fisiologici. «Prima ero solito andare alla Villa Bellini – racconta disorientato ai volontari di Insieme o.n.l.u.s che lo avvicinano nel bel mezzo della notte – ma adesso ho perso ogni punto di riferimento. In 56 anni non ho mai vissuto nulla del genere». E dire che Nello, la strada, la conosce già da qualche anno. Ma ora che il parco cittadino ha serrato i battenti, ora che bar e mense non sono in grado di donare le scorte di cibo avanzate, ora che persino la Caritas diocesana, almeno fino ad oggi, ha posto i suoi servizi in stand-by, esiste uno spazio di dignità per coloro che la nostra società ha dimenticato da tempo? Per i più fragili tragicamente esposti non solo alla virulenza dell’epidemia, ma anche alla brusca cesura da questa provocata? Nel cuore di una città che lotta per resistere, sembra di sì. «Ogni notte, assistiti dalla Croce Rossa, andiamo in cerca dei disperati che non sanno dove andare – dice Giuseppe Messina, responsabile e fondatore di Insieme o.n.l.u.s – Ho promesso a Nello che lo avrei tolto dalla strada: stiamo lavorando perché questo accada il prima possibile».

BISOGNO DI CONTATTO. Qualcosa, in effetti, sembra muoversi: «Abbiamo avuto occasione di incontrare il sindaco e il prefetto – prosegue Messina – che si sono impegnati a trovare una collocazione per gli tutti gli emarginati». In attesa dei provvedimenti che dovrebbero concretizzarsi nei prossimi giorni, la sua associazione, che già da tempo si prende cura gratuitamente dei più fragili, dai migranti in difficoltà alle donne vittime di violenza, non è rimasta a guardare: «Grazie alle forze dell’ordine abbiamo raccolto grandi scorte di cibo sequestrate. Abbiamo anche inviato due camion a Palermo, in supporto alla Missione di Speranza e Carità di Biagio Conte, carichi di pasta, ricotta e pomodori. Ci siamo poi impegnati – conclude – a diffondere il più possibile delle mascherine prodotte da una sarta siciliana».

Ma Giuseppe Messina e i suoi collaboratori non sono affatto soli. A condividere il loro ideale di sostegno ai disagiati vi è pure la Comunità di Sant’Egidio, attiva anche nel messinese e nel palermitano: «In questi giorni – illustra il presidente Emiliano Abramo – ci stiamo mobilitando per garantire ai senzatetto pasti e coperte pulite, oltre che del gel disinfettante di cui fanno molta richiesta, consapevoli di essere notevolmente a rischio di infezione per via delle loro condizioni di vita». Tuttavia, in Sicilia come nel resto d’Italia, tante altre sono le urgenze che richiedono massima attenzione. Silenziose, talvolta poco appariscenti, ma ugualmente delicate: «Nel centro storico della città di Catania – continua Abramo – ci stiamo occupando di 630 anziani. Non solo li aiutiamo con la spesa e con il rifornimento di farmaci, ma ci impegniamo a chiamarli giornalmente, cercando oltretutto di venire incontro ad un desiderio che ci viene manifestato abbastanza diffusamente: la preghiera». La comunità, infatti, condivide in streaming ogni sera il momento dedicato alla riflessione spirituale: «Questa connessione – ci svela – li aiuta a vivere con meno inquietudine un momento storico che ha stravolto le loro abitudini, facendoli cadere vittima di un profondo senso di sradicamento». Ma non sono solo gli anziani a cercare di contrastare la paura: parecchi i giovani, spontaneamente e sorprendentemente, si sono offerti di dare una mano alla Comunità nell’assistenza degli svantaggiati: «Credo che questo bisogno di contatto – chiosa Abramo – sia un’istintiva reazione ai timori che stiamo affrontando».

UN TESSUTO DA RICUCIRE. Recentemente abbiamo assistito al moltiplicarsi dei poli che costituiscono questa impalcatura della solidarietà. Il Dipartimento di Chimica dell’Università di Catania ha prodotto grandi dosi di disinfettante distribuito ad enti di carità, forze dell’ordine e pubblica amministrazione e da ieri anche alla Protezione Civile. Numerose associazioni isolane il 12 marzo hanno firmato una lettera diretta al Presidente Musumeci per chiedere il rispetto «dei diritti inviolabili dell’uomo e dei diritti costituzionali delle persone indigenti». Qualcuno, infine, ha dedicato la propria attività ad una fascia di disagiati spesso sottovalutata: quella dei bambini e dei ragazzi. A fronte di settimane in cui ad alunni e docenti si chiede l’adeguamento a metodi didattici innovativi, fatti di lezioni a distanza, videochiamate e monitor di PC, in alcuni quartieri popolari della città dell’elefante questo genere di attività non è nemmeno lontanamente ipotizzabile. Ce ne ha parlato Graziella Biondi, volontaria dell’Associazione Cappuccini Onlus e del Banco di Solidarietà: «Ci siamo occupati di ragazzini completamente sprovvisti di cellulari o tablet. Ne abbiamo raccolti alcuni e li abbiamo messi a disposizione, altre volte ci siamo coordinati con i responsabili delle classi, stampando le lezioni e portandole a domicilio insieme alla spesa necessaria. Tentiamo di far lavorare dei ragazzini che non hanno nulla, ragazzini che già in condizioni normali sono tagliati fuori dalla società, per far sì che non lo diventino del tutto». Dinanzi a questo quadro di disperazione e sofferenza, solo l’unione d’intenti può sperare di fare la differenza. E Catania ne è un ottimo esempio: «Dove emerge una vera e propria rete di solidarietà – conclude la volontaria – ci sentiamo più uniti. A volte per confortare basta una telefonata. La carità non si ferma davanti all’epidemia».

Aggiornato il 24/03/20

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