L’espressione siciliana pronunciata da chi si stupisce: che significa “Sciàtere ‘e matri”?
Diffusa in particolare nella parte occidentale dell’isola, la sua origine non è stata ancora chiarita del tutto. Di derivazione greca o araba, può assumere diversi significati
Quando accade qualcosa di inatteso, che stupisce e meraviglia la gente, è possibile sentire i siciliani esclamare: “Sciàtere ‘e matri”, oppure “Sciàtira ‘mmàtira”, o ancora “Sciàtiri ‘e màtiri”. La genesi di tale sintagma tipico del palermitano non è stata ancora definita con certezza, ma le teorie al riguardo sono tutte molto suggestive.
C’è chi sostiene che la sua derivazione sia da ricercare nel greco antico, dove “σωτήρ καὶ μήτηρ” (sotèr kài mèter) significa “Salvatore e Madre”, che non a caso richiama il modo di dire siculo “Gesummaria”. Secondo altri, invece, la sua provenienza sarebbe del Mediterraneo del sud, dato che in arabo esiste l’espressione “sàteru yà ma tarà” (letteralmente “Dio! Grande Dio misericordioso!”) e che a Malta è ancora di uso corrente una locuzione dal suono affine, che in traduzione equivarrebbe a “Che prodigio si vede”.
Prendendo spunto da ciò, alcuni sono convinti che Shater sia piuttosto il nome di una splendida fanciulla di origini regali, costretta a vivere fra le quattro mura della sua dimora da un padre un po’ troppo possessivo. Nonostante la giovane non avesse mai incontrato persone esterne al palazzo, leggenda vuole che nello stupore generale abbia dato alla luce un neonato – e da qui la reazione rimasta in uso fin ad oggi.
Ma non è tutto: lo “sciàtiri”, cioè lo sfiatatoio, sarebbe anche un imbuto importato nell’isola dai saraceni, che veniva regalato alle promesse spose da parte della madre (sciàtere ‘e matri, per l’appunto). Si trattava di un oggetto in gomma dotato di un piccolo tubo, grazie a cui le donne potevano espletare i propri bisogni facendoli finire direttamente nel vaso da notte, evitando odori sgradevoli nella camera nuziale.
Al pari di queste pittoresche leggende sorprende anche il seguito del proverbio, che in base alla posizione geografica può essere “e vògghiu (o bògghiu) riri”, “e biddìzzi ‘i fìmmina”, “e viddìchi (o biddìchi) ‘i vecchia”, così come può trasformarsi addirittura in “sciàtiri ‘e diavulùni” o in “sciàtira ‘e rìnchiu” in altre zone. Una frase idiomatica dalle molte e curiose sfaccettature, insomma, che testimonia la ricchezza culturale caratteristica della Sicilia e il suo folklore sempre molto colorito.