Sei un temporeggiatore? Allora in Sicilia sei uno che ama “cannaliàrisi”
Il termine prende spunto dalle celebri candelore che girano per la città nei giorni della festività di Sant’Agata, patrona del capoluogo. Il 3, il 4 e il 5 febbraio di ogni anno, sono loro le protagoniste di ogni sfilata del centro storico e rappresentano ciascuna un antico mestiere della Trinacria
La Sicilia, si sa, è una terra in cui i ritmi di vita sono più lenti rispetto al resto dell’Italia e in cui l’abbiocco è più uno stato mentale che una condizione temporanea post-pranzo. Ecco perché in dialetto non poteva mancare un verbo per descrivere chi non ha mai voglia di rimboccarsi le maniche e passare all’azione, e preferisce temporeggiare a oltranza. Si tratta di “cannaliàrisi”, una forma riflessiva la cui origine è strettamente legata al territorio catanese.
Il termine, infatti, prende spunto dalle celebri candelore che girano per la città nei giorni della festività di Sant’Agata, patrona del capoluogo. Il 3, il 4 e il 5 febbraio di ogni anno, sono loro le protagoniste di ogni sfilata del centro storico e rappresentano ciascuna un antico mestiere della Trinacria.
Tutte diverse l’una dall’altra, le candelore sono conosciute in tutto il mondo non solo per le loro corone di fiori, per i loro bassorilievi e per le raffigurazioni coloratissime, ma anche per la maniera particolare in cui vengono trasportate dai devoti: considerata la loro mole imponente, vengono sollevate sulle spalle da quattro persone ciascuna e avanzano dondolando letteralmente da entrambi i lati, concedendosi frequenti pause sancite dal suono di un fischietto.
Da qui l’associazione fra “cannalòra” e “cannaliàrisi”, ovvero ciondolare come se si fosse una candelora che non riesce a procedere a passo spedito e deve continuamente oscillare con esitazione pur di andare avanti per la propria strada, se non addirittura fermarsi. Ecco perché, in generale, l’espressione è da prendere in maniera ironica e non ha sfumature offensive – un gruppo di amici, per esempio, può raccontare di essersi “cannaliàto” fino a tardi nel rimanere in compagnia, con un sorriso rassegnato sulle labbra.
Diverse sono circostanze come quella in cui un padre dice al figlio che è svogliato nel fare i compiti e gli si rivolge con un “Non ti cannaliàri!”, che nel caso specifico è da prendere come un’esortazione e un incoraggiamento, ma già con una punta di rimprovero che consigliamo caldamente di non sottovalutare.