Chi di noi non conosce almeno una persona che, alla prima occasione, fa di tutto per evitare di prendersi qualunque responsabilità? Che sia sul posto di lavoro, in famiglia o fra amici, l’importante è che non riceva compiti troppo stancanti da portare a termine, e che se può riesca a scaricare il peso di certe attività a qualcun altro intorno a sé.

Nel dialetto siciliano, per chi ha la tendenza a dileguarsi in situazioni come questa, esiste più di un verbo preposto a descrivere il concetto: il più immediato da comprendere è forse sparagnàri o sparagnàrsela, nella sua forma riflessiva, che deriva dal longobardo *sparōn e che potremmo tradurre come risparmiare/risparmiarsi qualcosa, nel senso per l’appunto di evitare di fare.

C’è poi il più metaforico lemma scapputtàri o scapputtarisìlla, ancora una volta nella doppia forma attiva e riflessiva. La più utilizzata è in genere la seconda, a cui nella Trinacria si fa ricorso per indicare la capacità di qualcuno di togliersi un peso di dosso, proprio come se fosse un cappotto: in altre parole, è il verbo di chi sa sempre trovare un modo di liquidare una proposta o una richiesta, e di andare avanti senza troppi oneri con la propria vita.

E non è finita qui, perché fra i sinonimi del termine troviamo anche il criptico sgavitàri o sgavitàrisi, rispetto al quale le teorie linguistiche sono più incerte. Si tratta di una parola presente nel proverbio Sgavìta ‘a istènna quannu è china, ca quannu è lèggia si sgavìta sula (it. Metti da parte la cisterna quando è piena, ché quando è vuota fa tutto da sola), e che sembra venire da gavìta, un antico recipiente di legno o di terracotta il cui nome deriverebbe dal latino gabata.

In un’accezione più letterale, quindi, sgavitàri vorrebbe dire svuotare una gavita, liberandola dal suo contenuto, ed ecco perché ai nostri giorni è diventata un’abitudine servirsene quando non si ha voglia di occuparsi di qualcosa e se ne “rovescia” l’incombenza su persone più volenterose.

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