A chiunque, una volta o l’altra, è capitato di ritrovarsi a fine anno con poche energie residue, come se tutti gli impegni, le fatiche e le sfide affrontate nei mesi precedenti abbiano finito per prosciugare il buonumore, la determinazione e le buone intenzioni che erano state messe in serbo in precedenza.

Non a caso, alla vigilia del Capodanno, è tradizione compilare una piccola lista di nuovi propositi da mettere in atto a partire dal 1° gennaio, che in maniera più o meno formale e più o meno rituale si ha la tendenza a ripetere a sé stessi, come per assicurarsi che si riescano a portare a termine progetti e desideri con rinnovato vigore.

Ecco perché un aggettivo siciliano come attrivìtu sembra quasi essere nato apposta per una ricorrenza come questa, e cioè per farci immaginare come ci piacerebbe essere a partire da domani, o come ci auguriamo che tornino a essere le persone intorno a noi.

Ardito, sfacciato: questi sono i significati che da dizionario vengono riportati nel Mortillaro, anche se più di frequente nella Trinacria una persona attrivìta è definibile come vitale, vivace, incapace di star ferma, spesso di buonumore e decisa a raggiungere i propri obiettivi, con un atteggiamento sempre positivo e propositivo.

Il termine, infatti, si sarebbe diffuso a partire dallo spagnolo atrevido, che a sua volta vuol dire grintoso, audace, sfrontato, dal latino tribuere – e cioè attribuire, forse nel senso di dare nuova energia. Secondo un’altra teoria linguistica, però, è possibile che il nesso sia piuttosto con l’antica voce del verbo adtĕre, la cui forma del perfetto indicativo sarebbe adtrivi o attrivi, che assomiglia da vicino al siciliano e che significa consumare, probabilmente in accezione al fatto che una persona attiva brucia molta energia ed è consumata dalla sua joie de vivre.

Quale che sia la verità, un’attitudine simile può portare in più di un’occasione a dimostrare una certa faccia di bronzo, che pur di andare avanti per la propria strada risulta necessario mettere in atto, insieme a una buona dose di coraggio, per non lasciarsi scalfire da situazioni e persone, anche se più in generale l’attrivìtu resta il temerario, colui che non ha paura delle difficoltà e che non perde l’ottimismo.

Un augurio che, quindi, possiamo fare tanto a noi stessi quanto a chi ci circonda, nella speranza che la nostra inerzia, la nostra pigrizia, il nostro disfattismo o comunque la sensazione che non siamo in forma come vorremmo, si trasformino presto in nuova linfa vitale, che facciamo esclamare a chi ci incontra per strada: «Ma quantu attrivìsti!».

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