In Giappone, nel 2017, un treno della linea Tokyo-Tsukuba è partito con venti secondi di anticipo sull’orario stabilito. In seguito all’accaduto, la compagnia ferroviaria ha rilasciato un comunicato stampa in cui ha chiesto «profondamente scusa per l’inconveniente» subito dai loro clienti. In Sicilia, sulla linea Catania-Palermo, il nuovo treno Frecciabianca ha invece accumulato nel 2021 oltre sei ore di ritardo in pochi giorni, riuscendo in un colpo solo a non abbattere i tempi di percorrenza dei treni precedenti facendoli, in alcuni casi, addirittura aumentare.

Dopotutto, c’è  poco da fare: al di là dei luoghi comuni, la puntualità sembra essere una qualità aliena dal DNA del siciliano. Sull’isola, come ha spiegato bene Salvo Ficarra (di Ficarra e Picone) in una intervista, la puntualità è quasi un difetto. «Una cosa sbagliata, perché mette in difficoltà gli altri. È come dire al prossimo: io sono puntale e tu no». A Catania, come a Palermo, vige non per niente il “Sicilian time”, ovvero quell’interpretazione creativa del tempo, che nella sua relatività fa sì che un appuntamento “verso mezzogiorno” significhi un orario indicativo tra le 11:45 e le 14.

Per chi è nato nella regione più a sud d’Italia, il “Sicilian Time” è insomma l’espressione più pura del vivere lento. Dell’assaporare la vita, o se vogliamo del non sprecarla correndo (anche perché correre costa fatica, e spesso pure sudore e denaro). Del vivere secondo i ritmi della natura, laddove la tecnologia stenta ad arrivare. Eppure, nella terra dei mille contrasti, della bellezza e del degrado, della mafia e della civiltà, anche questa regola del ritardo, che si direbbe scolpita nei geni isolani, ha subito un forte sconvoglimento.

Mentre, infatti, sui quotidiani si parla sempre più spesso di aerei, scioperi e bagagli smarriti, con le compagnie europee che rischiano di chiudere l’estate con oltre 4 miliardi di euro di mancati ricavi per i voli cancellati, secondo l’analisi della piattaforma Oag per Hopper, tra l’1 e il 10 luglio 2022 quello di Catania Fontanarossa è il quinto aeroporto più puntuale d’Europa, con solamente il 16% di voli partiti in ritardo (fanno meglio di noi Dublino, 15%; Bucarest, 10%; Gran Canaria, 8%; e Bergamo, con appena il 3%).

Un risultato che, al netto del caro voli ancora problematico per chi si sposta dalla Sicilia o deve rientrare a seguito di un soggiorno al di là dello Stretto, e del quale infatti ci siamo occupati già anni fa su Sicilian Post, stupisce per la sua eccezionalità. CTA segna infatti una controtendenza lodevole sul territorio, forse addirittura fastidiosa per chi, con la solita flemma, vorrebbe arrivare ai check-in, ai controlli di sicurezza e infine al preimbarco con maggiore flessibilità rispetto agli orari indicati sul biglietto, e che invece deve rispettare alla lettera la tabella di marcia se non vuole rischiare di restare a terra.

C’è di buono che, ormai da anni, all’aeroporto si può arrivare non solo in automobile, in moto o – per i più coraggiosi – in monopattino, bensì anche in Alibus (un servizio di navetta gestito dall’AMT, i cui bus circolano dalle prime ore dell’alba fino a circa mezzanotte) e in treno, salendo in vettura sui regionali che attraversano la Sicilia orientale per poi scendere proprio alla fermata di Catania Fontanarossa. Sembrava impossibile, perfino più che portare in salvo l’antico vaso di una pubblicità dell’Amaro Montenegro, ma a quanto pare ce l’abbiamo fatta – venendo incontro anche a pendolari, fuorisede e cittadini siculi che non vogliono rinunciare a un intero stipendio facendo il pieno di carburante fino all’hub etneo.

Aeroporto Catania

Difficile ormai perdere la prima tappa per un viaggio intercontinentale in Cile composto da tre scali ravvicinati, quindi, o rinunciare a versare lacrime di gioia al matrimonio di una cugina espatriata in Germania (con buona pace del trucco pagato a peso d’oro sei ore prima), solo perché il Boeing di turno non ha fatto in tempo ad atterrare. Anzi, considerando lo stato delle cose, si fa strada quasi inevitabilmente un’ironica considerazione: la prossima volta che si dovrà arrivare da Catania a Palermo, sarà meglio valutare l’idea di spostarsi in Airbus anziché in bus. O con (l’ormai ex) Alitalia anziché con (l’immortale, ma quasi mai in orario) Trenitalia.

Statistiche alla mano ci si dovrebbe impiegare meno, perché sarà pure vero che l’alta velocità nella Trinacria non è ancora decollata in onore del “Sicilian Time”, ma per fortuna gli aerei funzionano come in qualunque altra parte del mondo. Se non addirittura meglio.

Ha collaborato Giorgio Romeo

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