Vive nei luoghi paludosi, è un ibrido tra un essere umano, un rettile e un mammifero e… no, non è il mostro di Loch Ness, per quanto anche lui sia stato avvistato più volte da parte di turisti o persone del posto. Parliamo del sùgghiu, conosciuto in particolare nella Sicilia orientale e capace da secoli di sopravvivere grazie alle sue caratteristiche orrorifiche e al tempo stesso affascinanti.

Si tratterebbe, infatti, di una creatura con la testa a metà tra quella di un bambino e quella di un cane o di un topo, il cui corpo è ricoperto di squame olivastre e il cui verso, a metà tra un grugnito e un raglio, spaventerebbe perfino il più coraggioso dei malcapitati. Specialmente perché la sua natura è nota per essere carnivora e feroce, quantomeno a detta delle generazioni che ne hanno tramandato i dettagli di padre in figlio.

La sua influenza sulla popolazione era tale, in passato, da avere portato alla nascita di alcune frasi tipiche, come Nun jiri ‘ddà, ca veni ‘u sugghiu e ti pìgghia, ovvero Non andare per di là, ché arriva il sùgghiu e ti prende, o come la più colorita (e allitterante) Assumìgghi a ‘nu sùgghiu da Tùrri, traducibile con Assomigli a un sùgghiu come quello di Torre.

Il riferimento in questo caso è a Torre Archirafi, una frazione del Comune di Riposto, in provincia di Catania, dove sembrerebbe che il sùgghiu abbia colpito l’immaginario collettivo con una delle sue misteriose e improvvise apparizioni. Dato l’aspetto poco avvenente del mostro, l’espressione è quindi una maniera perifrastica per descrivere l’aspetto poco avvenente della persona con cui si interagisce.

E, se molto resta ancora da scoprire sul “Chupacabra siculo”, altrettante ricerche andrebbero ancora fatte sulla sua etimologia, a oggi incerta e sfortunatamente poco studiata. Gli unici indizi potrebbero essere legati all’omonimo sostantivo sùgghiu, derivato dal latino insubulum e dunque analogo all’italiano subbio: ma cosa avrebbero in comune un mostro e una parte del telaio da tessitura?

Poco o niente, almeno stando ai connotati di quello che è stato spesso considerato anche una sorta di bizzarro folletto, se escludiamo l’ingranaggio dentato del subbio. Che sia proprio quest’ultimo, affine magari alla minacciosa bocca spalancata di un favoloso iguana, ad avere ispirato i nostri antenati?

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