La storia di “vanniàri”, il verbo siculo usato al mercato ma anche… in chiesa
Se approfondendo l’origine della parola vuccirìa avevamo mosso i primi passi nello sfaccettato mondo dei mercati siciliani, con il verbo vanniàri (o anche, a seconda delle zone, banniàri, abbanniàri e perfino bannizzàri) ci addentriamo in un’atmosfera ancora più caratteristica, che prende le mosse dal trambusto e dalla confusione per descrivere in maniera peculiare l’attitudine dei suoi commercianti o vanniatùri, per l’appunto.
Con questa parola, nell’isola si designa infatti l’atto di proclamare, di gridare, ovvero di annunciare a gran voce quali prodotti si hanno da vendere sulla propria bancarella. Nun vanniàri, cà nun semu ‘a fera, esclama non a caso qualcuno per dire che non è il caso di urlare, dal momento che non si è mica alla fiera, cioè al mercato, e il riferimento del proverbio ‘U vinnituri (oppure ‘u putiàru)‘n mezzu ‘a via, zoccu havi abbannìa è il medesimo: il venditore che sta per strada parla a gran voce di qualunque cosa abbia con sé.
Ma se oggi vanniàri è quindi usato come sinonimo di annunciare all’aperto ciò che si vende, o più in generale strepitare (perfino in contesti di litigi fra conoscenti, amici o parenti, come dimostra l’espressione Mi vanniàu di mala manèra per dire che qualcuno ci ha aggredito pesantemente), anticamente la sua origine è legata a ben altre situazioni.
Il termine deriverebbe infatti dall’antico tedesco bandujan, traducibile oggi con dare pubblico annuncio di una legge, e più avanti in senso lato dare segnale, che dunque si riferiva ai momenti in cui un banditore (lemma con la stessa etimologia) proclamava una norma a nome di un’alta carica politica e non certo all’ambiente informale che caratterizza oggi i centri urbani siculi.
C’è però da dire che vanniàri a unu non vuol dire soltanto diffamare pubblicamente qualcuno, come di conseguenza si potrebbe pensare, e che nell’ambito del diritto canonico acquisisce invece il senso di annunciare le prossime nozze di una persona, o la sua scelta di ricevere l’ordine sacro. A mantenersi costante, come abbiamo visto, è allora un tratto specifico di questa parola polisemica: il suo manifestarsi di fronte a un’ampia platea per dichiarare qualcosa a cui si tiene.
Può trattarsi di una legge, di una merce o di elementi ben più sacri e delicati della vita umana, ma ad ogni modo il verbo vanniàri sarà quello che nella Trinacria farà chiaramente al caso vostro.