Se avete in programma un viaggio nell’isola di Pantelleria, situata a 110 km a sud ovest della Sicilia e facente capo alla provincia di Trapani, fra le tante prelibatezze del posto ce n’è una in particolare che non potete non assaggiare: parliamo della sciakisciuka, in alcune zone nota anche come sciaki sciuka o ciaki ciuka, il cui nome da solo è già tutto un programma.

Anche chi ha più familiarità con il dialetto del posto, infatti, potrebbe non associare immediatamente questa parola al piatto che rappresenta, o comunque non intuire con immediatezza perché questa specialità è stata definita proprio così.

Per capirlo, non a caso, è necessario indagare non fra sostantivi e verbi prettamente siculi, quanto piuttosto nella sfaccettata e affascinante lingua araba, con cui la Trinacria è entrata a stretto contatto durante la dominazione inaugurata con lo sbarco a Capo Granitola presso Campobello di Mazara nell’827 d.C., e poi completata con l’occupazione di Taormina nel 902 d.C.

Anticamente, infatti, nella parlata berbera esisteva la parola chak chouka, che potremmo rendere in italiano come miscuglio, groviglio, e che si riferiva a tante pietanze preparate in modo simile in gran parte del Nord Africa.

Come si può intuire, si trattava quindi di piatti misti che potevano contenere al loro interno numerosi ingredienti, spesso destinati a essere mischiati fra di loro dando vita a insoliti accostamenti di sapori, proprio come a Pantelleria accade con una variante della classica caponata siciliana.

Al di là della base composta da melanzane, zucchine, pomodori, patate e naturalmente peperoni, la sciakisciuka è non a caso caratterizzata dalla presenza dei capperi, delle uova sode e di un mazzetto di basilico, che insieme all’origano e all’olio d’oliva conferisce a questa specialità un tocco diverso dal solito, deliziando il palato con il suo mix di ortaggi, verdure, spezie e – non di rado – qualche altra aggiunta a piacere.

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