Proprio come accade in molti altri periodi dell’anno, come in questo dei Morti in cui la fanno da padrona le Rame di Napoli, anche in quello di preparazione al Natale la Sicilia vanta diverse tradizioni culinarie, tramandando di generazione in generazione delle specialità che diventano parte integrante dei giorni festivi in calendario, e che contribuiscono a rendere speciale ogni ricorrenza.

Uno fra questi è senza dubbio il buccellato, conosciuto in dialetto anche come cucciddàtu, che pur nelle sue numerose varianti è altrettanto famoso e apprezzato nel territorio palermitano e in quello catanese, nel trapanese e in provincia di Messina. Parliamo di un dolce inserito nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (PAT), dall’aspetto simile a una ciambella, e che però in realtà si compone di un impasto di pasta frolla farcito con fichi secchi, uva passa, mandorle, scorce d’arancia e altri ingredienti in base alla zona di preparazione.

Una fra le alternative più comune è quella che vede, per esempio, un ripieno di fichi secchi accompagnato da frutta candita e pezzi di cioccolato, anche in questo ricoperto comunque da glassa, zucchero a velo o frutta candita dopo essere stato cotto al forno.

E se, da una parte, è sempre interessante scoprire qualcosa in più sulle abitudini gastronomiche della Trinacria, il discorso si fa ancora più affascinante quando arriviamo all’etimologia dei suoi piatti tipici, che perfino stavolta ci lascia tutt’altro che delusi. La variante italianizzata buccellàto, infatti, secondo alcuni deriverebbe dal tardo latino buccellatum, ossia sbocconcellato, mentre secondo altri risalirebbe all’espressione Panis Buccella, riferito a un impasto che si scioglieva in bucca (cioè in bocca).

E la variante sicula cucciddàtu? A quanto pare arriverebbe addirittura dal greco antico, nella cui lingua esisteva la parola κωλλύρα (kollùra), cioè impasto di farina, che nella Trinacria si è trasformata in cuddùra e che avrebbe portato poi, nel corso del tempo, a coniare il singolare sostantivo con cui è noto il dessert natalizio. Una storia antica e “gustosa”, insomma, che di sicuro non lascerà nessuno a “bocca asciutta”.

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