Il gioco del “tìmpulu”: alla scoperta del nascondino in salsa siciliana

Per capire in quale misura ‘u iuòcu ‘u tìmpulu sia diverso da quello tradizionale, dobbiamo tenere in considerazione l’etimologia del nome, in questo caso collegata a una radice del greco antico

Se nel resto d’Italia i bambini di diverse generazioni giocano spesso a nascondino, chi cresce in Sicilia è invece più abituato a un gioco affine, sebbene con delle caratteristiche in parte a sé stanti. Parliamo del cosiddetto iuòcu ‘u tìmpulu, ovvero letteralmente del gioco del tìmpolo. Per capire in quale misura si differenzi dalla variante che tutti conosciamo, dobbiamo tenere in considerazione l’etimologia del nome, in questo caso collegata a una radice del greco antico.

Nell’antichità, infatti, il sostantivo tiùmpanon significava timpano o tamburetto, mentre il corrispettivo verbo tiumpanìzo voleva dire battere il timpano. All’epoca con le parole in questione si designava uno strumento musicale a percussione costruito in metallo, la cui forma di sfera tagliata a metà era rivestita da una membrana imbottita, sulla quale si battevano dei colpi per generare un suono. Nei secoli, poi, l’arnese rudimentale si è evoluto nell’idiofono della famiglia dei tamburi che tutti conosciamo, suonato mediante una o più bacchette.

Da qui deriva la curiosità di questo passatempo per i più piccoli: nel momento in cui la comitiva si nasconde, la persona che conta fino a trenta (o ben più in là) deve battere sulla porta più vicina finché ha gli occhi chiusi, per poi fermarsi nel momento in cui inizia a cercare i compagni. E non è tutto, perché anche quando li trova deve timbulàri, cioè suonare il tìmbulu battendo sulla porta per segnalare il fatto che un partecipante è stato scoperto.

Si tratta, insomma, di una modalità di gioco più “rumorosa”, che però permetteva a tutti di sapere con esattezza quando finiva il momento della conta, così da potersi nascondere con più attenzione, e di capire nel corso della partita quanto persone erano ancora in gara. Le conseguenze andavano a vantaggio dei giocatori e a discapito di chi cercava gli amici, quindi, dando vita nell’intera regione a delle partite particolarmente competitive.

About Author /

Traduttrice di formazione, nonché editor, correttrice di bozze e ghostwriter, Eva Luna Mascolino (Catania, 28 anni) ha vinto il Campiello Giovani 2015 con il racconto "Je suis Charlie" (edito da Divergenze), tiene da anni corsi di scrittura, lingue e traduzione, e collabora con concorsi, festival e riviste. Ha conseguito il master in editoria di Fondazione Mondadori, AIE e la Statale di Milano, e ora è redattrice culturale - oltre che per Sicilian Post - per le testate ilLibraio.it e Harper’s Bazaar Italia. Lettrice editoriale per Salani, Garzanti e Mondadori, nella litweb ha pubblicato inoltre più di 50 racconti.

Start typing and press Enter to search