Con il mese di dicembre ormai alle porte, di giorno in giorno l’attenzione collettiva sarà sempre più orientata verso le festività natalizie e verso tutti i preparativi che le riguardano, quest’anno cominciati perfino in anticipo rispetto al solito.

E, se c’è una parola chiave del periodo dell’Avvento di cui grandi e piccini non vorrebbero mai fare a meno, è proprio quel senso di stupore e di meraviglia che si associa all’atmosfera magica e circondata di regali dell’ultimo mese dell’anno.

Ma, Natale o no, come esprimere in siciliano un concetto simile? Esisterà un corrispettivo dell’incanto con cui chiunque di noi ha già una qualche familiarità in lingua italiana? La risposta è ovviamente positiva, dal momento che il dialetto della Trinacria non si farebbe certo mancare un’occasione tanto ghiotta di descrivere lo sbalordimento improvviso di questa e ben altre situazioni quotidiane.

Un caso specifico, a venirci incontro è il verbo strammàri, traducibile nella sua forma attiva come sbigottire, sconvolgere, sorprendere. Si tratta, però, più che di una semplice e neutra sensazione di sbigottimento, di un vero e proprio stato di disorientamento, che rende chi la prova più soggetto a restare stupefatto nel senso più profondo del termine, quasi come se fosse vittima di un sortilegio ottenebrante.

Non per niente la sua etimologia è collegata al latino volgare strambare, derivato a sua volta dal greco antico strabós: due lemmi che avevano a che fare con l’atto di storcere, curvare, al punto da indicare poi una persona strabica d’occhi (quindi con lo sguardo “storto”, per l’appunto) oppure una persona stramba, differente dalle altre, eccentrica.

In Sicilia, di conseguenza, il verbo strammàri non poteva che assumere varie e affascinanti sfumature, indicando oltre alla meraviglia la tendenza altrettanto diffusa di cambiare umore da un attimo all’altro, di diventare insomma strano nel senso di diverso dal proprio solito, o addirittura di deconcentrarsi e di farneticare – sempre perché la mente, durante una fase simile, perde il suo equilibrio consueto e tende a vacillare.

«Non mangiò Masino Bonocore, rimasto strammato davanti alla finestra aperta», ecco allora che si legge nel romanzo Un filo di fumo pubblicato da Andrea Camilleri per la casa editrice Sellerio, così come «Strammò per primo lui stesso» ne La stagione della caccia o ancora «Arrivò col fiato grosso e gli occhi strammati» ne La forma dell’acqua, a dimostrazione del fatto che essere “strammàti” nella regione sicula è ben più comune di quanto si pensi, che sia a ridosso delle vacanze invernali o meno.

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