Presenti soprattutto in territori boschivi, i simpatici molluschi devono il loro nome alla dominazione greca prima e poi a quella araba e a due caratteristiche tipiche: le corna e la bava, quest’ultima usata per scopi medici e cosmetici

«E agosto finisce sono scalzi i giorni / fioriti gli astri si sente già il freddo / l’autunno è una lumaca che sporge le corna». Lo sapeva bene il poeta ceco Jan Skácel: le lumache sono fra gli animali simbolo dell’autunno, probabilmente perché tornano a riprodursi come fanno in primavera, amanti dell’umidità e del buio che caratterizzano gli ultimi mesi dell’anno.

La Sicilia, patria per eccellenza dell’umidità, ospita molte chiocciole nel suo territorio, il più delle volte in zone boschive dove i più determinati vanno alla ricerca non solo di funghi, ma anche appunto di babbalùci. D’altronde, era impensabile credere che il dialetto non avesse coniato una parola a sé per definire questi simpatici animali con il guscio sempre sulle spalle, no?

Per la verità, comunque, l’origine del termine non è propriamente sicula, anzi. Il sostantivo è stato importato sulle coste dell’isola dall’antica Grecia, nella cui lingua boubalàkion (βουβαλακιον) significava allo stesso tempo lumaca e bufalo, dal momento che entrambi avevo delle corna sulla testa. Nella Trinacria il suono era stato modificato e si era evoluto in buvalàci, rimanendo tale per alcuni secoli.

A seguito della dominazione araba, però, la parola era stata contaminata dal corrispettivo arabo babbūš, che per gli abitanti del luogo era diventato babbùcia. La commistione portò così, nel corso del tempo, a una nuova forma ibrida, che mescolando buvalàci e babbùcia diede origine al contemporaneo babbalùci.

Ma non è tutto! Un’alternativa alla grafia in questione è vavalùci, che però ha un percorso etimologico in parte diverso. Deriverebbe, infatti, dall’incontro di babbalùci con vàva, termine che in siciliano sta ad indicare la bava prodotta da questi molluschi, peraltro molto sfruttata in ambito medico e cosmetico per via delle sue proprietà balsamiche e idratanti.

I vavalùci, quindi, sarebbero letteralmente delle “chiocciole bavose”: un’espressione colorita e dal sapore popolare, che come la cugina babbalùci attesta ancora una volta la ricchezza e la varietà del siciliano in ogni sua più curiosa sfaccettatura.

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