Come abbiamo imparato a scoprire, il dialetto siciliano è stratificato a livello di registri, è il risultato della coesistenza di diverse lingue e soprattutto ha subito svariate mutazioni nel corso dei secoli, che spesso hanno portato a profonde rimodulazioni semantiche. È il caso dell’aggettivo vastàsu, noto anche nelle varianti bastàsu e bastàgiu, che attualmente ha un significato per lo più dispregiativo, ma che in realtà deriva da un contesto religioso e popolare affascinante da indagare meglio.

Parlando in primo luogo della sua etimologia, che già la dice lunga sulle radici antichissime del termine, scopriamo che è da ricercare nel greco, idioma in cui non a caso figurava il sostantivo bastàzon, cioè portatore, facchino. Questo primo indizio ci porta già a intuire che il vastàsu dei tempi andati non era la persona volgare e maleducata a cui ci si riferisce oggi comunemente. In effetti, la voce è stata tramandata nei secoli in riferimento a delle specifiche figure delle feste cattoliche, com’è stato attestato in un manoscritto del 1848 redatto dal curato Don Epifanio Lojacono.

Il documento era dedicato alla costruzione del fercolo che sarebbe servito per la processione della Madonna della Favara nella località di Contessa Entellina, in provincia di Palermo, e spiega chiaramente che il vastàsu era colui che decideva per devozione di portare la cosiddetta vara sulle spalle durante la cerimonia sacra. Con la parola ci si riferiva dunque a un’intera categoria sociale, che addirittura riconosceva in Sant’Euno il suo protettore e che nei grandi centri urbani era riunita in vere e proprie corporazioni.

Per estensione, secondo l’ipotesi più accreditata, la sua figura è stata associata a persona di bassa estrazione, dedita a mestieri umili e che non sempre conosceva le usanze della città, comportandosi senza volerlo in maniera poco adeguata. Così, il sostantivo si è trasformato via via in un aggettivo dalla connotazione dispregiativa, sebbene il gruppo di persone a cui si riferiva in passato mantenga ancora adesso la sua dignità e non sia affatto composto da vastàsi nel senso a cui potremmo erroneamente pensare.

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