“Immu”: il fantasioso modo siciliano di indicare la gobba

Quando in Sicilia i bambini e le bambine guardano il classico Disney Il gobbo di Notre-Dame, liberamente ispirato al romanzo Notre-Dame de Paris di Victor Hugo, non è raro che se hanno già familiarità con il dialetto locale finiscano per indicare la gobba di Quasimodo chiamandola in un altro modo, cioè ìmmu.

Conosciuta anche nella variante gibbu, e jimmu, infatti, il termine nella Trinacria trova un corrispettivo tutto suo, che si distingue dalla variante nazionale non solo per fonetica e ortografia, ma anche e specialmente per la sua diversa storia etimologica. Secondo i dizionari, gobba è d’altronde l’evoluzione di gibba o della sua variante gubba, parole latine dal significato analogo, mentre il siciliano ìmmu deriverebbe forse da più lontano.

Più che essere associato al concetto di curva e di convessità, sarebbe da far risalire al verbo geminare, che per gli antichi Romani equivaleva al nostro duplicare, doppiare, un po’ come se l’ìmmu equivalesse a una seconda schiena appoggiata sulla prima.

Come se non bastasse, il dialetto della Trinacria avrebbe dato vita a un’espressione idiomatica particolarmente colorita e affascinante, il cui protagonista è proprio un fantomatico uomo gobbuto: ‘U immirutu ‘n mezzu ‘a via, recita infatti, ‘u immu sò nun su talìa – ovvero non guarda mica la sua gobba, pur essendo pronto a criticare i difetti altrui alla prima occasione.

Una sorta di bue che dice cornuto all’asino, insomma, già presente nel Vangelo secondo Matteo in una formula che è poi rimasta comune nell’intera penisola fino ai nostri giorni: «Perché osservi la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio?» (7, 1-5, Cei).

Ancora una volta, quindi, la varietà e la freschezza della lingua siciliana si declina in lemmi e modi di dire interessanti da scoprire e semplici da usare, se solo se ne riescono a cogliere le diverse sfumature di significato in ogni contesto.

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Traduttrice di formazione, nonché editor, correttrice di bozze e ghostwriter, Eva Luna Mascolino (Catania, 28 anni) ha vinto il Campiello Giovani 2015 con il racconto "Je suis Charlie" (edito da Divergenze), tiene da anni corsi di scrittura, lingue e traduzione, e collabora con concorsi, festival e riviste. Ha conseguito il master in editoria di Fondazione Mondadori, AIE e la Statale di Milano, e ora è redattrice culturale - oltre che per Sicilian Post - per le testate ilLibraio.it e Harper’s Bazaar Italia. Lettrice editoriale per Salani, Garzanti e Mondadori, nella litweb ha pubblicato inoltre più di 50 racconti.

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