Avete presenti quelle situazioni in cui vi sentite senza via d’uscita, ma nelle quali siete impelagati fino al collo? Quelle complicate da sbrogliare, che magari richiedono anche una certa delicatezza diplomatica, e nelle quali si incastrano gli interessi di più persone? Ecco: come le chiamereste, in una sola parola?

Se fossimo in Sicilia, già in tempi ben più remoti dei nostri, probabilmente un termine adatto esisterebbe, e sarebbe ‘ntrallàzzu (o, in base alla zona, ‘ntirlàzzu). La sua etimologia, a quanto pare, sarebbe latina e va rintracciata nella preposizione inter (cioè fra) e nel sostantivo laqueus (cioè laccio): in maniera neanche troppo complessa da intuire, quindi, ‘u ‘ntrallàzzu è sinonimo di intreccio, di groviglio, specialmente in riferimento a vicende di non facile risoluzione.

Una testimonianza del termine si trova già nello spagnolo entrelazar, corrispettivo del verbo dialettale ‘ntrallazzari, che potremmo tradurre come impegnarsi in una trattativa. Questo era, infatti, il contesto d’uso più comune del lemma, con particolare allusione al fatto che certi accordi di lavoro non sempre si svolgevano con amabile serenità.

A dire il vero, però, l’accezione più negativa di ‘ntrallàzzu si deve al periodo della seconda guerra mondiale, durante il quale proliferò in misura esponenziale il mercato nero nella Trinacria, e si prese l’abitudine di riferirsi a un ‘ntrallàzzu per designare un affare non del tutto lecito. Se state pensando che, pur non avendo chissà quale conoscenza della regione o del suo dialetto, la parola vi suona in qualche modo familiare, è perché poi in effetti ha percorso l’Italia intera, diventando popolare un po’ ovunque.

Le sue origini, però, rimangono isolane, e all’inizio non avevano necessariamente un legame stretto con le questioni politiche a cui associamo oggi l’intrallazzo della nostra lingua nazionale. D’altronde i lacci, si sa, possono collegare fra di loro parecchie faccende, con risultati più o meno “avvincenti”…

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