Che ci si trovi a Parigi, a Bologna o a New York, non importa: tolti gli elementi architettonici propri, spesso le città sono sempre meno uniche e sempre più uguali. Del resto, Tolstoj ci insegna che «tutte le famiglie felici si somigliano». A un primo acchito, quindi si potrebbe pensare che anche via Santa Filomena a Catania, che negli ultimi dieci anni si è conquistata a buon titolo l’appellativo di “food district”, abbia perso l’identità propria della città che la ospita e si sia trasformata in esempio di “foodification”, un fenomeno il quale vede i nostri centri storici trasformati in mere vetrine enogastronomiche. Eppure la storia di questa via è un po’ diversa: contestualizzata in un centro storico che vede convivere da sempre il “salotto buono” della città etnea con la sua dimensione più popolare e multietnica, essa tenta oggi di distaccarsi dallo stereotipo di “via del cibo” e diventare un microcosmo della complessità economica, socio-culturale e urbanistica di Catania. 

Fino all’inizio del nuovo millennio c’erano davvero pochi incentivi che spingessero turisti e cittadini a percorrere via Santa Filomena, ma le cose iniziarono a cambiare intorno al 2002

Da parcheggio a centro della movida. Prossima a piazza Carlo Alberto – frequentatissima di giorno grazie alla presenza della “Fera o luni” (il colorato mercato cittadino) e semideserta di sera – fino all’inizio del nuovo millennio c’erano davvero pochi incentivi che spingessero turisti e cittadini a percorrere via Santa Filomena, la quale veniva utilizzata per la maggiore come parcheggio. Le cose iniziarono a cambiare intorno al 2002, con l’apertura de “Il Sale Art Cafè”, un ristorante con opere d’arte alle pareti. Nel corso del tempo, tra locali che hanno indirizzato delle tendenze (come “Fud”, che dopo Catania ha aperto a Palermo e Milano) e attività peculiari, come la profumeria “Boudoir 36” e la micro-libreria “Vicolo Stretto”, via Santa Filomena è diventata un vero e proprio riferimento per la città, rendendo possibili scambi multidirezionali e multisensoriali, che partono dalla tavola, passano per i profumi, e giungono fino alla lettura.

Via Santa Filomena (foto Dibenedettolight da FB)

L’unione fa la forza. Una trasformazione che non è stata appena dettata dalla presenza di distinte attività commerciali – la via ospita anche diverse strutture ricettive – e dalla pedonalizzazione, ma da una vera e propria visione sinergica. Un approccio “di prossimità” che ha visto gli esercenti lavorare su un obiettivo comune. «Negli anni – commenta Andrea Graziano, proprietario di Fud Bottega Sicula – questi 180 metri sono diventati il simbolo di una comunità che si impegna per favorire la promozione culturale e sociale della città». Più recentemente, questa collaborazione si è maggiormente strutturata e i titolari delle attività commerciali si sono riuniti nel comitato “Santa Filomena district”, annunciato in occasione dell’evento “Accendiamo la Via”, svoltosi lo scorso 18 novembre. Il progetto che nell’immediato ha comportato l’installazione di nuove luminarie, e un impianto di videosorveglianza, si propone di trasformare la zona in un laboratorio produttivo di idee, interventi, azioni ed eventi.

«Dodici anni fa, quando io e la mia socia abbiamo aperto la libreria, abbiamo intuito la straordinaria potenzialità di questa via nel raccontare una Sicilia ma soprattutto una città diversa dagli stereotipi»

Angelica Sciacca, libreria Vicolo Stretto

Riqualificare la città senza distruggerne l’identità. Tra insegne colorate, locali con arredi di design e un costante via vai di avventori, passeggiare per via Santa Filomena oggi è un piacere per gli occhi. Probabilmente la nuova estetica della via è stata condizionata dalla logica della ricerca del bello e di luoghi “instagrammabili” che caratterizza l’era presente. Ma la sincerità e l’umanità dei commercianti, la qualità del cibo e il clima accogliente sono elementi che è difficile imitare o rendere in foto, e sono proprio questi gli aspetti che la contraddistinguono. Del resto, una vera riqualificazione non passa solo attraverso luci e installazioni, ma anche, come testimonia Angelica Sciacca della Libreria Vicolo Stretto, dal «raccontare una Sicilia e una città diversa dagli stereotipi».

La libreria Vicolo Stretto (foto Gessica Scollo)

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