Come forse si intuirà, questo termine del dialetto siciliano vuol dire letteralmente sfiatare, sgassare, evaporare, pur non riferendosi soltanto a bibite effervescenti e acquisendo una serie di curiosi significati

Se avete mai bevuto una bevanda gasata in lattina insieme a un amico siciliano, lo avrete senza dubbio visto assicurarsi che il liquido non abbia perso la sua effervescenza prima del tempo, lasciando deluso qualunque assaggiatore. La parola che avrà allora utilizzato sarà stata una tipica del dialetto regionale, ovvero il verbo di prima coniugazione sbintàri. Proprio come si sarà intuito, questo termine vuol dire letteralmente sfiatare, sgassare, evaporare, pur non riferendosi soltanto a bibite effervescenti. Nel suo significato, infatti, è inclusa anche la mancanza di schiuma in un boccale di birra o la descrizione della tenuta organolettica di un vino, che non a caso in passato veniva definito in siciliano vinu sbintàtu.

Nonni e bisnonni ricorderanno di certo, fra l’altro, che ai tempi della prima e della seconda guerra mondiale la voce acquisiva un’ulteriore accezione, riferendosi alle mine che venivano disinnescate o, per l’appunto, sbintàte, una volta posizionate per terra. La sua etimologia è intuibile con più facilità se si pensa che, sempre in ottica militare, il verbo trova un corrispettivo esatto nell’italiano sventare, derivato come il termine siculo dal latino ex-ventus, ovvero letteralmente mandare fuori vento. Se nella lingua del sì il contesto d’uso si è ristretto solo al campo semantico bellico, le sue sfumature si sono invece moltiplicate nella Trinacria, dove ancora oggi è capito e utilizzato da grandi e piccini.

Dopotutto, nella sua veste più metaforica, sbintàri diventa anche sinonimo di prendere in giro qualcuno, “sgonfiandone”, in senso traslato, l’ego.  I più birichini, invece, si servono di questa parola per descrivere le flatulenze gassose del corpo umano, rendendo questa voce del vocabolario dialettale a metà fra il raffinato e il popolare.

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