Una parola del dialetto siciliano che da sempre incuriosisce chi non vive sull’isola e che ha un significato molteplice. Oltre ad indicare le persone tendenzialmente pesanti per carattere o per umore, infatti, si riferisce anche a chi risulta una vera e propria palla al piede per chi è in loro compagnia

Supponiamo che abbiate invitato un amico a cena e che questo inizi a parlare dei propri problemi con aria sconsolata per quindici minuti, poi per trenta, poi per sessanta, e che qualunque vostro tentativo di cambiare argomento sia vano e duri solo pochi secondi. Oppure, supponiamo che siate ad una festa e che l’unica persona che conoscete è quella che sta in disparte più di tutti, che non si lascia coinvolgere da giochi di società, drink o musica, e che voi siate costretti più per educazione che per voglia a rimanere accanto a lei.

Ecco, non sarebbe strano se dopo un po’ sbottaste con la celebre frase “Si ‘na màzzira”, riferendovi alla persona in questione e sfoggiando una parola del dialetto siciliano che da sempre incuriosisce chi non vive sull’isola e che ha un significato molteplice. Oltre ad indicare le persone tendenzialmente pesanti per carattere o per umore, infatti, si riferisce anche a chi risulta una vera e propria palla al piede per chi è in loro compagnia.

L’etimologia è quasi certamente araba e deriva dall’antico termine “mi’sara”, diventando a seconda delle zone “màzzira” o “màzzara”. Cosa designasse di preciso è altrettanto incerto, dal momento che la mazzara era in passato il pressatoio di legno, ma anche il contrappeso degli orologi meccanici (ovvero la grossa pietra situata all’estremità), nonché il pesetto che sostituiva una volta il filo a piombo per chi andava a pesca e addirittura il macigno che viene legato intorno ai condannati a morte o alle vittime di omicidio, quando le si vuole gettare in fondo al mare per farne sparire le tracce – come se ne hanno alcuni esempi nei romanzi di Camilleri.

Quel che è assodato è che, in tutti i casi, la màzzira rappresenta dunque un oggetto massiccio e pesante, il più delle volte in pietra. Associargli qualcuno significa riconoscere la pesantezza del suo comportamento o dei suoi discorsi e, quindi, rivolgergli tutt’altro che un complimento. Va però specificato che di solito si ricorre a quest’espressione fra amici e con toni amichevoli, motivo per cui più che una vera e propria offesa si potrebbe considerare come un richiamo vagamente affettuoso, che ha lo scopo di alleggerire la tensione e di invitare l’interlocutore a prendere la vita con più leggerezza.

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