“Strafalàriu”: l’aggettivo dalle origini contadine riferito ai disordinati
Poniamo che siate, o che conosciate, una persona distratta. Poco avvezza a certe attività, magari addirittura maldestra. Una che non si capisce mai bene come porti a termine quel che aveva iniziato, e che sbadata com’è potrebbe dimenticare perfino di avere lasciato qualcosa in sospeso. Se conoscete almeno un po’ il dialetto siciliano, è probabile che queste caratteristiche le abbiate già associate a un solo, accurato aggettivo: strafalàriu (o strafallàriu, in base alle zone).
La parola, in effetti, racchiude in sé l’idea del disordine, della disattenzione, della mancanza di precisione o di competenza in un determinato ambito, il tutto (specialmente ai nostri giorni) con una nota di affettuosa ironia che però, si badi, può trasformarsi in un attimo in un commento dispregiativo e da prendere alla lettera.
Ma come spiegare a chi non è del posto l’origine di un termine simile, che forse in italiano potremmo associare a strampalato, o a goffo? Ebbene, la prima parte del lemma è di facile intuizione, dato che si è formata dal prefisso extra- (poi diventato stra-), che per definizione indica un eccesso, una tendenza portata alle sue estreme conseguenze e manifestazioni.
Quanto alla radice vera e propria, è la stessa di strafalciare, in origine extra-falciare, che anticamente in italiano significava proprio usare malamente la falce, detto di chi non riusciva a maneggiarla in modo proprio e a lavorare com’era richiesto nei campi.
Trattandosi di una mansione importante per grandi fette di popolazione, e che era necessaria al sostentamento, era inevitabile che chi non la riuscisse a compiere venisse visto di cattivo occhio – non a caso, nella Trinacria, per chi rubava la falce sottraendola agli onesti lavoratori era prevista addirittura la galera, dato il grosso danno apportato così facendo alla comunità circostante.
Ancora oggi l’attributo (spesso sostantivato) è dunque usato da una parte all’altra dell’isola per indicare persone poco responsabili, ordinate, esperte. Persone che, magari anche in buona fede, mancano di una caratteristica ritenuta importante da chi parla.