Una siesta tutta sicula: storia dello “stinnìcchiu”
A chi non è mai capitato di concedersi un pisolino dopo un lauto pasto? In Italia si tratta di una tradizione che ha dato vita a una parola apposita per definirla: abbiocco, esistente in poche altre lingue del mondo e caratteristica specialmente dei pranzi domenicali consumati in compagnia.
Forse non tutti sanno, però, che anche la Sicilia ha coniato nel corso del tempo un vocabolo in grado di descrivere il relax postprandiale tanto caro al nostro Paese: parliamo dello stinnìcchiu, un sostantivo che in senso letterale fa proprio riferimento all’atto di stiracchiarsi, di distendersi dopo aver mangiato – Panza china voli stinnìcchiu, recita non a caso un vecchio detto traducibile come Una pancia piena reclama un sonnellino.
A prima vista potrebbe quindi sembrare un concetto poco originale, anche se la verità è che lo stinnìcchiu siculo ha dei connotati a sé stanti, dal momento che oltre a indicare l’abitudine a poltrire presenta numerose altre sfumature. In primo luogo, per esempio, il verbo stinnicchiàrisi vuol dire far rilassare le membra nella sua forma riflessiva, mentre stinnicchiàri qualcuno nella forma attiva vuol dire stenderlo, sì, ma nel senso di farlo fuori.
Quanto al nome stinnìcchiu, che secondo la teoria più accreditata deriverebbe dal participio aggettivale latino extensus (cioè disteso, sdraiato), nella Trinacria è usato comunemente per indicare anche lo svenimento causato da un temporaneo calo di zuccheri. Da qui, il significato figurato di finzione di una malattia, che spiega come mai fari troppi stinnìcchi sia da intendersi sull’isola come esagerare con azioni e movimenti un malessere di poco conto.
Ben oltre la semplice definizione di siesta mediterranea, quindi, lo stinnìcchiu diventa un vero e proprio modo di porsi, un’attitudine alla teatralità o perfino un lemma dai risvolti drammatici, che difatti è stato spesso al centro di alcune formule rituali contro il malocchio. La più celebre è forse quella che recita «Fora malòcchiu, / dintra bonòcchiu. / Fora lu pìcchiu, / dintra lu stinnìcchiu», ovvero: «Fuori [da casa mia] il malocchio, / dentro il buonocchio. / Fuori il piagnisteo, / dentro il riposo».