“Mascariari”: quando lasciare il segno non sempre ha un risvolto positivo

In Sicilia una persona che non gode di ottima fama non è solo tinta, ma è anche mascariata! Tornato in uso in questi giorni grazie al film “Mascaria” andato in onda su Rai1, il verbo mascariari in senso letterale indica “macchiare qualcosa con il carbone, annerire”, ma col tempo il termine ha assunto un significato metaforico simile a quello di tintu, usato soprattutto nell’ambito della malavita.

Significato e origine. Nel gergo mafioso mascariari significa “infamare, disonorare”, proprio come se si macchiasse di carbone il volto pulito di una persona in maniera indelebile. Mascariatu è colui che si ribella alla mafia e pertanto viene “disonorato” dai malavitosi, avvolto da una fama cattiva e falsa. Esistono molte attestazioni del participio passato di questo verbo usato in senso aggettivale in testate giornalistiche nazionali proprio in articoli di cronaca riguardanti il mondo della mafia. Così il termine è passato in uso nell’italiano regionale ed è stato italianizzato nella forma “mascariare” con tutti i suoi derivati come “mascariata”, cioè atto o affermazione infamante (Grande Dizionario della Lingua Italiana). Sulla sua etimologia non si hanno certezze: potrebbe trattarsi di una forma derivata dal latino tardo (VII secolo circa) masca, che significa “strega”, o dall’italiano antico mascara, cioè “maschera”, che potrebbe essere collegato sempre a masca. In entrambi i casi si tratta di origini volte a indicare qualcosa di oscuro, come un volto coperto da una maschera. Questa stessa etimologia è propria anche dell’italiano “mascara”, il noto trucco cosmetico per occhi usato per allungare, ispessire e, soprattutto, scurire le ciglia.

Usi, derivati e modi di dire. Non solo una persona, ma anche il tempo può mascariarsi, cioè annerirsi quando il cielo terso si annuvola; così come l’uva, che si mascaria se diventa rancida e scura. E ancora: mascariaturi/a è chi imbratta qualcosa o infama qualcuno, mascarò è un segno di sporco e mascarittedda è detta scherzosamente una donna brunetta, scura. Può anche capitare che qualcosa si nun tinci mascarìa, cioè “se non tinge sporca”, ossia che pur non facendo del tutto male lascia comunque un segno.

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Laureata con il massimo dei voti in Filologia Classica all’Università degli Studi di Catania, Olga Stornello (classe 1994) è giornalista pubblicista dal 2019. Dopo aver acquisito il tesserino grazie alla collaborazione con varie testate (tra cui, oltre “Sicilian Post”, il quotidiano “La Sicilia”), ha frequentato il master RCS Academy “Scrivere e comunicare oggi: metodo Corriere” nel 2020. Tra le sue intramontabili passioni, al di là della scrittura, si annovera anche la danza, che pratica da sempre.

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