Contrariamente a quanto possa sembrare, questo termine dal ricco significato metaforico non è legato all’area semantica della zoologia o della gastronomia, bensì deriverebbe addirittura da una citta dall’altra parte del mondo

Se vi è mai capitato di fare una passeggiata in quel di Palermo, perché ci abitate o perché vi trovavate in visita da quelle parti, vi potreste essere imbattuti in un termine dialettale particolarmente curioso. Si tratta del sostantivo matapollu (o matapollo), la cui parte finale ricorderebbe a prima vista uno dei volatili più diffusi nella gastronomia italiana e non. A dispetto delle apparenze, invece, la parola non solo non ha niente a che vedere con la carne bianca di questo animale, ma neppure con l’ambito culinario più in generale.

Per quanto assurdo possa sembrare, l’etimologia stavolta arriva direttamente dal continente asiatico, e per la precisione dalla penisola indiana. Secoli fa, infatti, nell’area sud-orientale di quel territorio esisteva un piccolo centro urbano chiamato Madapollam, corrispondente all’attuale città di Naraspur (in Andhra Pradesh), che era rinomato in Occidente dal momento che ospitava una fabbrica di spicco appartenente alla Compagnia delle Indie Orientali, con cui i commercianti siciliani pare avessero dei buoni rapporti. Madapollam è dunque diventata madapòlam e poi matapòllu nella parlata popolare, riferendosi sempre più spesso alla leggera tela prodotta in loco con un cotone fine utilizzato per lenzuola e biancheria di vario genere.

Ecco perché fariccìlla a matapòllu, cioè riuscirci alla maniera di matapollo, significa farcela a malapena, poiché la stoffa proveniente dal sobborgo oltreoceano tendeva a sfilacciarsi o a bucarsi, lasciando le classi sociali più povere in frequenti difficoltà. Parallelamente, avìri i vuriedda a matapòllu, cioè avere le budella ridotte come un matapollo, si riferisce a uno stato emotivo di forte tensione o rabbia, proprio come certe lenzuola stropicciate e che necessitavano di urgenti rammendi. Con il passare dei secoli, quindi, l’espressione non ha perso il suo valore metaforico, per quanto la sua origine sia oggi sempre meno nota ai più.

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