Curiosa e intraducibile: “dari addènzia”, l’arte
di saper ascoltare

L’etimologia del termine, da cui derivano numerose espressioni caratteristiche, è latina e indicava in origine un concetto legato al coraggio e all’intraprendenza. Finito per entrare nel nostro dialetto, ha assunto un’ampia gamma di sfumature e di varianti locali, giungendo ad indicare anche il prendere esempio da qualcuno o l’intrattenere con discorsi fini a se stessi, fino all’incapacità di darsi pace

Vi è mai capitato di sentirvi ignorati da qualcuno e di volere richiamare la sua attenzione con un rimprovero più o meno serio, affinché vi dia retta? Perfetta per l’occasione sarebbe l’espressione siciliana dammi (o dùnami) addènzia, che in realtà si presta a diverse varianti in base all’area in cui vi trovate. In provincia di Catania potreste sentire appunto addènzia, ma anche addenza e adenzia, due varianti comuni anche con la zona di Siracusa. A Ragusa la parola si trasforma in aurienza, mentre a Messina è denza e in molte altre parti dell’isola arènzia, arènza e adènza.

Come forse si intuisce dal ragusano, l’etimologia del termine è latina e proviene dal sostantivo audentia, che in passato significava prodezza, ardimento, coraggio, addirittura impudenza – dal verbo audere, il cui significato era proprio osare. Una locuzione che si diffuse sempre di più nelle province imperiali, però, era audentiam orationi facio, ovvero gestire l’attenzione degli uditori a un discorso, dalla quale si pensa derivi la denza siciliana nel suo senso principale di attenzione.

Le forme verbali a cui si accompagna più spesso sono dari e dunàri, quasi sinonimiche, ma che in base al contesto possono prestarsi a diverse sfumature. Con dari addènzia, infatti, si intende l’atto del prestare attenzione a un discorso, così come quello di prendere esempio dalle parole di qualcuno, di ascoltare attentamente una persona e perfino di intrattenerlo con diversi discorsi, tenendolo insomma impegnato senza che si conversi mai di nulla di serio.

E non è tutto: nella sua valenza più estrema, l’addènzia è anche l’entusiasmo e l’ardore con i quali si compie un’azione, mentre nell’espressione popolare nun dàrisi addènzia indica l’incapacità di qualcuno di darsi pace per qualsivoglia ragione. Una parola polisemica, quindi, nata per caso da una lingua ormai estinta e intraducibile con un solo termine nell’italiano parlato al giorno d’oggi, come tante volte accade con i vocaboli più curiosi del dialetto siciliano.

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Traduttrice di formazione, nonché editor, correttrice di bozze e ghostwriter, Eva Luna Mascolino (Catania, 28 anni) ha vinto il Campiello Giovani 2015 con il racconto "Je suis Charlie" (edito da Divergenze), tiene da anni corsi di scrittura, lingue e traduzione, e collabora con concorsi, festival e riviste. Ha conseguito il master in editoria di Fondazione Mondadori, AIE e la Statale di Milano, e ora è redattrice culturale - oltre che per Sicilian Post - per le testate ilLibraio.it e Harper’s Bazaar Italia. Lettrice editoriale per Salani, Garzanti e Mondadori, nella litweb ha pubblicato inoltre più di 50 racconti.

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