Se vi è capitato di entrare nella casa di un siciliano, specialmente durante una giornata umida, potreste aver notato uno strano ventaglio usato con l’intento di cacciare mosche e zanzare, che assomiglia a una racchetta ma che in realtà è costituito da una circonferenza in legno intrecciato, poi collegata a un manico non troppo lungo.

Lo strumento in questione, usato soprattutto fino a qualche generazione fa, è detto in dialetto muscalòru (o anche sciuscialòru, in base alle zone), termine che riecheggia già nella sua forma uno degli insetti contro i quali si utilizza più di frequente. E la sua etimologia conferma peraltro questo legame, dal momento che la parola deriverebbe dal latino muscarium, ovvero ventaglio scacciamosche.

Se però state pensando che, per una volta, la parlata locale sia semplice come sembra, aggiungiamo un dettaglio grazie al quale potrete forse ricredervi: il lemma ha infatti un secondo significato parecchio diffuso, che potremmo tradurre come fiore ad ombrello e che certamente porta con sé delle sfumature meno intuitive da cogliere. Per capire qualcosa in più del rustico attrezzo in questione ci basta innanzitutto pensare a un’altra delle sue applicazioni, cioè quella di ventaglio, ancora una volta utilissima nelle stagioni più calde ma anche nei casi in cui si voglia ravvivare la fiamma di un camino, come accade nel periodo delle castagne autunnali o dei lunghi pomeriggi d’inverno.

E non finisce qui, perché se è vero che la sua funzione è quella di tenere lontane le mosche non è raro trovarlo, quantomeno in un passato ancora prossimo, nell’accezione di copripietanze – detto altrimenti, di un valido alleato per proteggere il cibo dagli insetti. Per non parlare del muscalòru inteso come decorazione in ferro che sormonta l’arco dei portoni: si tratta di una tradizione ormai desueta, ma che secoli fa permetteva di creare una struttura a ventaglio in grado di lasciare filtrare l’aria e la luce, ricorrendo a una forma bella esteticamente e che ancora una volta teneva lontani animali e persone.

Legata a quanto detto è l’ultima, ma non per importanza, accezione del muscalòru siculo, da intendersi qui come un’apertura protetta da una rete, da ricavare sempre sopra la porta di ingresso di un’abitazione, oppure come un buco da scavare sotto l’uscio per nasconderci le chiavi, senza che però venissero individuate dai passanti o che consentissero l’infiltrazione degli insetti.

Insomma, del sostantivo ci si serve da tempo immemorabile per descrivere le tendenze di comportamento (e di architettura) più disparate, con quella tipica, affascinante e sorprendente polisemia da cui è caratterizzato il dialetto della Trinacria.

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