Sbrizziàri, sdilluviàri
e tutti gli altri modi
di descrivere la pioggia
in dialetto siciliano

Nell’isola del proverbiale bel tempo perenne non manca certo la fantasia per indicare eventi meteorologici inaspettati o di particolare forza. Ecco alcune espressioni idiomatiche ordinate, rigorosamente, a seconda del grado di intensità che stanno ad indicare

La Sicilia sarà pure la terra del sole per antonomasia, eppure quando piove non viene risparmiato davvero nessuno, al punto che nel corso dei secoli il dialetto si è sempre più arricchito di espressioni idiomatiche specifiche, il cui scopo è descrivere e distinguere varie tipologie di rovesci che possono interessare quest’area geografica. Il verbo più comune, nonché quello più generico, è senza dubbio chiòviri, cioè “piovere”, che senza particolari sfumature descrive la mera condizione climatica in atto, ma a questa voce denotativa se ne affiancano in realtà decine ben più connotate.

In ordine di gravità, dalla precipitazione più leggera alla più grave, ci imbattiamo innanzitutto nel termine svintulìa, rigorosamente alla terza persona singolare con soggetto impersonale. La parola descrive quel momento in cui le prime gocce cadono rade dal cielo, confondendosi quasi nel vento. Se lo stato meteorologico si fa più serio, si può dire che sbrizzìa o stizzìa, cioè che l’acqua viene giù con maggiore frequenza, anche se ancora poco fitta e poco fastidiosa. Se si fa più percettibile, significa che già pizzichiddìa, ovvero che si avverte quasi un pizzicore sulla pelle se si viene a contatto con la pioggia.

La faccenda assume una certa portata nel momento in cui chiòvi all’assùppa viddànu o a vàgna cavalèri, cioè in un modo apparentemente innocuo, ma che finisce per inzuppare chiunque se si rimane esposti per molto tempo all’aperto, come un tempo capitava per l’appunto ai “villani” – cioè ai contadini – o ai cavalieri nell’esercizio della loro funzione. Se il maltempo si trasforma in un temporale, allora trunìa e lampìa (“tuona” e “lampeggia”), mentre se sono solo il volume e la velocità della pioggia ad aumentare carunu cati (o bagnirati) r’acqua, in altre parole vengono giù pesanti secchiate d’acqua.

E se la situazione è davvero pesante? Ebbene, è perché chiòvi accussì forti ca si nata ‘nta l’aria, o perché chiòvi lu mari cu tutti li pisci – in altre parole, perché sdillùvia. Che si faccia riferimento all’atto di nuotare a mezz’aria, a una cascata d’acqua che sembra portare giù anche i “pesci del Paradiso” o al diluvio universale, insomma, in Sicilia quando il clima non è dei migliori non si perde mai la fantasia, nemmeno nei casi più seri.

About Author /

Traduttrice di formazione, nonché editor, correttrice di bozze e ghostwriter, Eva Luna Mascolino (Catania, 28 anni) ha vinto il Campiello Giovani 2015 con il racconto "Je suis Charlie" (edito da Divergenze), tiene da anni corsi di scrittura, lingue e traduzione, e collabora con concorsi, festival e riviste. Ha conseguito il master in editoria di Fondazione Mondadori, AIE e la Statale di Milano, e ora è redattrice culturale - oltre che per Sicilian Post - per le testate ilLibraio.it e Harper’s Bazaar Italia. Lettrice editoriale per Salani, Garzanti e Mondadori, nella litweb ha pubblicato inoltre più di 50 racconti.

Start typing and press Enter to search