Il “bùmmulu” siciliano
e la varietà di significati che non ti aspetteresti

Le nuove generazioni penserebbero forse all’occorrenza più diffusa al giorno d’oggi, cioè quella rispettivamente di “bombola” e di “bombolaio”, nel loro equivalente in lingua italiana. Eppure, tale parola in Sicilia esisteva ben prima delle bombole e, infatti, conserva tuttora svariate altre accezioni

Se chiedeste a un siciliano il primo significato che gli viene in mente per la parola bùmmulu, molto probabilmente ne sentireste delle belle. O meglio, ne sentireste di diverse, di versioni. E non molto diverso sarebbe l’esito se domandaste del rispettivo bummulàru, cioè del mestiere associato a questo curioso sostantivo.

Le nuove generazioni punterebbero forse sull’occorrenza più diffusa al giorno d’oggi, cioè quella rispettivamente di “bombola” e di “bombolaio”, nel loro equivalente in lingua italiana. Fin qui, il percorso etimologico sembra semplice e senza particolari difficoltà nel raccapezzarsi, anche per chi di filologia non dovesse essere un esperto. Eppure, come anticipato, il bùmmulu esisteva ben prima delle bombole e, infatti, conserva tuttora svariate altre accezioni.

La prima e più letterale è quella di “vaso”, derivante da una voce greco-latina riconducibile al termine bombyla, che non a caso stava a indicare un recipiente di creta dal collo lungo e stretto e il corpo molto largo, che di solito serviva a conservare l’acqua e a mantenerla fresca. Di qui, come si intuirà, deriva il termine bummulàru inteso come vasaio, un mestiere che è finito per scomparire negli ultimi secoli ma che grazie alle capacità artigianali di qualcuno resiste ancora in certe aree dell’entroterra siculo.

Ma non è tutto: il bummulàru, infatti, è anche il balbuziente, cioè una persona che quando parla fa i bùmmuli, qui da intendersi come farfugliamenti. Com’è possibile un tale cambiamento di significato? I vasai avevano forse la cattiva fame di tartagliare? In realtà no, perché nel caso specifico l’origine è da fare risalire a un altro vocabolo latino all’apparenza simile, bombus, e che stava a indicare il ronzio. La radice si è mantenuta nell’italiano “bombo”, oggi sinonimo di “calabrone”, e per l’appunto nel siciliano, in cui si è invece trasformato in un difetto di pronuncia.

Attenzione, tuttavia, a dare del bùmmulu a qualcuno, perché in funzione aggettivale la parola indica una persona grassa e tozza, o addirittura poco intelligente, forse perché in Sicilia i bùmmuli sono anche i bernoccoli di chi ha sbattuto la testa e si sente un po’ stordito. Vaso o meno che sia, quindi, il bùmmulu in Sicilia va maneggiato con cura.

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Traduttrice di formazione, nonché editor, correttrice di bozze e ghostwriter, Eva Luna Mascolino (Catania, 28 anni) ha vinto il Campiello Giovani 2015 con il racconto "Je suis Charlie" (edito da Divergenze), tiene da anni corsi di scrittura, lingue e traduzione, e collabora con concorsi, festival e riviste. Ha conseguito il master in editoria di Fondazione Mondadori, AIE e la Statale di Milano, e ora è redattrice culturale - oltre che per Sicilian Post - per le testate ilLibraio.it e Harper’s Bazaar Italia. Lettrice editoriale per Salani, Garzanti e Mondadori, nella litweb ha pubblicato inoltre più di 50 racconti.

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