Se per caso ci si trova in visita nel capoluogo di regione siciliano, fra le tante specialità culinarie che non bisognerebbe rinunciare ad assaggiare figura senza dubbio un primo dal nome curioso, che i palermitani hanno l’abitudine di chiamare direttamente in dialetto pasta pìcchi pàcchiu.

Si tratta di una ricetta che fra gli ingredienti principali annovera i pomodorini freschi e una generosa porzione di caciocavallo grattugiato, che alcuni fanno invece sostituire dal parmigiano. Al di là dei gusti personali, il condimento della pìcchi pàcchiu (o pic pac, come viene spesso abbreviata) è perfetto da associare anche ad altre pietanze, come le minestre invernali o altri piatti con verdure e ortaggi.

Se vi state chiedendo da dove derivi una bontà gastronomica tanto semplice e gustosa, però, probabilmente vi stupirà sapere che la risposta non è facile come seguirne la preparazione in cucina. Secondo alcuni, infatti, l’origine sarebbe da ricondurre al sostantivo dialettale con cui si indica l’organo genitale femminile (‘u pàcchiu), che dunque sarebbe associato a un’esperienza esaltante e connotata positivamente.

Secondo altri, invece, l’allusione sessuale sarebbe da escludere, a vantaggio piuttosto di una teoria onomatopeica: la derivazione etimologica, in altre parole, risiederebbe nello sfrigolio che genera il pomodoro non appena si versa nell’olio caldo. Un pic pac, per l’appunto, tipico di un cibo aggiunto su una padella già scoppiettante, da cui gli abitanti della Trinacria avrebbero tratto spunto.

A oggi non è possibile dire con certezza se il nome sia più frutto dell’uno o dell’altra strada linguistica, ma quel che è certo è che la pietanza resta particolarmente apprezzata durante la stagione estiva, e che con il suo sapore fresco e pronunciato riesce comunque a mettere d’accordo tutti i commensali.

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