Sapevate che anche lo schiaffo in Sicilia ha origini lontane e peculiari? Quantomeno dal punto di vista lessicale, dal momento che non si limita a mutuare la parola dall’italiano attandone la fonetica, attingendo piuttosto dal greco antico per dare vita al termine tumpulùni (o tumbulùni, in base alla zona).

Testualmente si tratterebbe di uno schiaffone, con l’accrescitivo, e trova una sua variante nel lemma tumpulàta (o tumbulàta, o tumpuliàta), che sarebbe a sua volta un manrovescio, il cui contesto d’uso è praticamente universale e applicabile tanto alle situazioni più ironiche e leggere quanto a quelle più serie e da prendere alla lettera.

Ma da dove deriva questo famigerato tumpulùni? Ebbene, secondo le fonti la radice sarebbe analoga a quella del verbo tiùpto (gr. τύπτω), il quale guarda caso significava battere, urtare, percuotere, colpire e addirittura ferire, con una polisemia che gli ha permesso di svilupparsi nel dialetto siculo in un sostantivo altrettanto evocativo.

E non è finita qui, perché come abbiamo già raccontato, anche l’antico gioco popolare del tìmpulu ha una parentela linguistica con il predicato in questione: tiumpanìzo (gr. τυμπανίζω) voleva infatti dire battere il timpano e proveniva probabilmente dalla stessa radice di tiùpto.

Oggi gli usi del termine nella regione sono quindi diversi e a loro volta polisemici, si sono evoluti nei secoli e negli ultimi tempi hanno fra l’altro assunto una sfumatura più metaforica, da una parte (perché un tumpulùni può essere anche uno schiaffo morale, non per forza fisico), e una più iperbolica, dall’altra parte.

Non è detto, infatti, che con questa parola o con tumpulàta ci si riferisca a una sberla violenta: talvolta la si usa per indicare in maniera colorita (e, a suo modo, evocativa) anche solo una pacca più forte delle altre, o uno schiaffetto. Insomma, il tumpulùni, a seconda di chi lo nomina e di chi se ne serve, può perfino essere più amichevole di quanto suggerisca a prima vista la sua etimologia…

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