Trambusto, grandi quantità di persone, ogni sorta di mercanzia: di solito è questo che viene in mente se si pensa alla parola siciliana vuccirìa, dal momento che nel capoluogo di regione esiste un celebre mercato proprio con questo nome, che è ormai conosciuto tutto il mondo ed è diventato una vera e propria meta turistica immancabile.

I suoi banconi di pesce, frutta e verdura, come spiega nel dettaglio Wikipedia, si estendono «tra via Roma, La Cala, il Cassaro, lungo la via Cassari, la piazza del Garraffello, la via Argenteria nuova, la piazza Caracciolo e la via Maccheronai, all’interno del mandamento Castellammare», e se anticamente rientravano nella denominazione di Vuccirìa grande, per essere distinti da altre aree simili, oggi sono rimasti invece ‘a Vuccirìa, quella per antonomasia.

Ma da dove deriva questo termine, che con il passare del tempo è diventato nel palermitano un sinonimo del sostantivo confusione? Secondo alcuni arriverebbe addirittura dalla radice sanscrita uc, che significa guarda caso parlare, anche se in realtà l’ipotesi più accreditata è un’altra, sostiene Cademia siciliana, e avrebbe piuttosto a che fare con il lemma francese bucherie, cioè macelleria.

Da lì, la parola si sarebbe evoluta in bucceria, mantenendo sempre l’origine dal latino buccus (e dal franco *bukk), traducibile in italiano come capra di sesso maschile. Il motivo è presto detto: proprio questa specie, infatti, veniva nominato per indicare in generale il macello di animali e la conseguente vendita di carne da parte degli operatori ambulanti.

Oggi comunque il collegamento immediato con la sua radice etimologica si è quasi perso, quantomeno nell’immaginario collettivo, ed è quindi più frequente che la vuccirìa sia associata alla parola dialettale vùci (cioè voci, ma anche urla, strepiti), in riferimento al frastuono con cui i commercianti cercano di vendere la merce sovrastando con le loro grida le “sponsorizzazioni” dei banditori vicini.

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