Qualche settimana fa abbiamo scritto del muccaturi, il fazzoletto che sarebbe opportuno avere sempre in tasca nel caso in cui si dovesse avere un po’ di… nanfara! Di cosa si tratta? Di un semplice raffreddore, abbastanza frequente nei mesi più freddi e, soprattutto, con gli sbalzi di temperatura di questo imprevedibile inverno primaverile!

Cos’è la nanfara? Il significato di nanfara oscilla tra “raffreddore” e “voce nasale”, tanto che spesso si sente dire aviri a nanfara nel senso di “parlare con un tono di voce nasale, parlare col naso”, tipico della persona raffreddata. E quest’ultima, in dialetto siciliano, si dice proprio annanfarata, dalla stessa radice.

Etimologia e storia araba. L’origine della parola nànfara è araba, da “khanfar”: questa etimologia si deve al grande apporto che il mondo arabo ha dato alla medicina nell’isola. La Sicilia fu conquistata dagli Arabi nell’827 d.C. e fu tra le loro mani fino al 1061, anno della presa da parte dei Normanni. In questi due secoli di dominazione tra la Sicilia e Malta si diffuse un dialetto siculo-arabo che influì sull’origine di molte parole dialettali siciliane, soprattutto quelle relative all’agricoltura, all’architettura e alla medicina, i campi in cui l’arricchimento apportato dalla popolazione araba fu notevole. La penetrazione di questa cultura nell’isola fu tale che lo scrittore Vincenzo Consolo definì laSicilia«la regione più araba d’ Italia e una terra fra le più arabe al mondo (…) Con la civilizzazione araba, durata due secoli e mezzo, la Sicilia attraversò una sorta di rinascimento: scoprì le tecniche dell’agricoltura, vide fiorire le arti e la scienze e diffondersi princìpi di uguaglianza e tolleranza».

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