Un’eredità ancora viva: cinque verbi che il siciliano deve allo spagnolo

Spesso ci è capitato di osservare, analizzando l’origine di alcune parole siciliane, che al di là delle influenze grecolatine, arabe e francesi sono molte anche quelle legate alla lingua spagnola, come succede per esempio nel caso di accupàri che viene da acubarse o di addunàrisi che viene da adonarse. Ma non è tutto, dal momento che sono numerosi i verbi ancora in uso nel dialetto siculo che provengono proprio dalla penisola iberica.

Uno dei più comuni quando vogliamo segnalare che c’è penuria di qualcosa è accapàrisi, traducibile con l’italiano finire, esaurirsi, e che non è altro che il modo in cui nella Trinacria è stata fatta propria la voce acabarse. Altrettanto diffuso è anche arricugghìrisi, ovvero rincasare, rientrare, ritornare, che trova il suo gemello in arecogerse.

Un po’ più fantasioso è invece l’adattamento del verbo abocar, diventato sull’isola abbuccàri, e che si è in parte discostato dal significato originario: in spagnolo, infatti, abocar vuol dire condurre in senso figurato, e dunque sfociare, provocare, mentre in siciliano ha prevalso in particolare l’idea dello spingere verso, facendo sì che abbuccàri diventasse sinonimo di cadere.

Una situazione simile si è creata a partire dal lemma afrontarse, un verbo che nella sua forma pronominale potremmo intendere o come affrontarsi, fronteggiarsi, oppure come essere affrontati, essere vinti, essere battuti. Ebbene: stavolta, nella regione più a sud d’Italia, affruntàrisi designa più nello specifico la conseguenza di un confronto del genere, dal momento che da dizionario corrisponde all’italiano vergognarsi, imbarazzarsi, avere pudore.

E chiudiamo infine con una parola immancabile nella parlata sicula, molto utilizzata nell’ambito dei giochi di carte, dei quiz televisivi o dei pettegolezzi (in dialetto, curtìgghi) che si ipotizzano fra conoscenti e vicini di casa. Ci riferiamo a ‘nzittàri, che in base alle zone può anche trasformarsi in ‘nzirtàri, anzittàri o anzirtàri, e cioè indovinare o azzeccare. Stavolta l’etimo è collegato al catalano encertar, a sua volta derivato dal latino inserere, che significa centrare l’obiettivo: un piccolo slittamento di senso che però fa tutta la differenza!

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Traduttrice di formazione, nonché editor, correttrice di bozze e ghostwriter, Eva Luna Mascolino (Catania, 28 anni) ha vinto il Campiello Giovani 2015 con il racconto "Je suis Charlie" (edito da Divergenze), tiene da anni corsi di scrittura, lingue e traduzione, e collabora con concorsi, festival e riviste. Ha conseguito il master in editoria di Fondazione Mondadori, AIE e la Statale di Milano, e ora è redattrice culturale - oltre che per Sicilian Post - per le testate ilLibraio.it e Harper’s Bazaar Italia. Lettrice editoriale per Salani, Garzanti e Mondadori, nella litweb ha pubblicato inoltre più di 50 racconti.

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