Simone Strano, Giuseppe Raciti, Giovanni Grasso e Peppe Torrisi sono le quattro eccellenze made in Sicily pronte a dare lezioni agli appassionati, dall’amatore al professionista, spinti da una sana voglia di collaborare e diffondere gli inimitabili sapori isolani

Andare oltre l’invidia e la gelosia, competere solo in maniera sana e, soprattutto, collaborare: sono questi gli “ingredienti” alla base della nuova scuola di cucina “Chef con la Coppola”, inaugurata a Riposto da quattro eccellenze culinarie siciliane: Simone Strano, Giuseppe Raciti, Giovanni Grasso e Peppe Torrisi.

MANI IN PASTA TUTTI INSIEME. «Prima ancora di essere chef, siamo quattro persone molto diverse, ognuno con i propri punti di forza e di debolezza, ma è proprio questa diversità che insieme ci rende unici» afferma Simone Strano in occasione di una masterclass sulla pasta fresca svoltasi durante l’open day della suddetta scuola di cucina. «Proprio la pasta è simbolo di unione e colleganza: si impasta tutti insieme, la pasta fresca è frutto di collaborazione» continua lo chef mentre con i suoi tre colleghi si diletta a preparare varie forme di ravioli.

DIFFONDERE I SAPORI SICILIANI. Pasta all’uovo ripiena di pesto alla trapanese servita su fonduta di ricotta e spolverata con scaglie di mandorle: questo il risultato interamente siculo del cooking show dei quattro “chef con la coppola”. La pasta, simbolo della cucina italiana, servita con condimenti tipicamente siciliani: proprio i sapori e gli odori della soleggiata isola hanno spinto Simone Strano e Giuseppe Raciti a rientrare in Sicilia dopo aver arricchito il loro bagaglio culturale all’estero. «Io e Giuseppe eravamo giovanissimi quando siamo andati in Svizzera, – racconta lo chef Strano – ma dopo aver fatto esperienza abbiamo deciso di rientrare sia per sfruttare le risorse della nostra terra, sia per trasmettere una tradizione culinaria tramandata di generazione in generazione». Strano, Raciti, Grasso e Torrisi infatti condividono l’idea che la cucina nasca dalla volontà di condividere ricordi ed emozioni legati a ricette di tradizione familiare.

NON SI FINISCE MAI DI IMPARARE. I quattro chef, nonostante la loro giovane età, hanno molto da tramandare, ma anche tanto da apprendere. «Bisogna lavorare con umiltà ed essere disposti ad accogliere consigli da chi sa qualcosa in più: non mi vergogno di dire che ho imparato dei trucchi per fare la pasta alla cenere da un ragazzo di 19 anni» afferma Raciti, a testimonianza del fatto che in cucina conta più l’esperienza che l’età anagrafica. Umiltà, spirito di collaborazione e affiatamento contraddistinguono la squadra dei quattro cuochi, che hanno appreso questo modo di pensare e lavorare da un rinomato chef siciliano loro amico quale Seby Sorbello, presente alla giornata inaugurale della scuola.

È forte però la denuncia di Raciti, che lamenta l’assenza di unità e colleganza tra i cuochi siciliani: «Se in Sicilia si lavorasse con affiatamento e i cuochi collaborassero tra loro senza invidia, potremmo essere la regione più forte al mondo nell’ambito della ristorazione. Qui purtroppo manca questa mentalità, che invece emerge in parte in Campania e in Calabria, dove rispetto alla Sicilia ci sono meno chef stellati. Aver ricevuto importanti riconoscimenti internazionali – continua Raciti, che di gratificazioni a livello mondiale ne ha avute tante – non significa doversi sentire superiori: uno chef stellato che collabora con il cuoco di una trattoria non è un’eresia, anzi è uno scambio culturale, un’occasione di arricchimento per entrambi».

IL SIMBOLO DELLA COPPOLA. Meno invidia e più collaborazione per esportare all’estero le eccellenze siciliane: «Questa scuola è solo l’inizio di un grande progetto. – afferma Strano – La coppola è un simbolo siciliano riconosciuto in tutto il mondo e troppo spesso associato alla mafia. Io invece l’ho scelto per mostrare che noi siamo la parte buona della Sicilia, quella degli uomini veramente dediti al lavoro. Quando ero in Svizzera a 18 anni era forte la nostalgia della mia terra e decisi di comprare una coppola: da allora non l’ho più tolta».

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