Dal frutteto all’altare: perché la “zàgara” è così importante per le spose siciliane?

Se vi è mai capitato di passeggiare per le strade siciliane in primavera e di sentire un profumo di fresco e di buono, che vi trasporta in un mondo fruttato e delicato al tempo stesso, saprete che si tratta di una fragranza unica nel suo genere, che gli abitanti dell’isola chiamano da secoli la zàgara.

Si tratta di un sostantivo dai molteplici significati, dal momento che indica il fiore dell’arancio e del limone – che fa la sua comparsa proprio nei mesi di aprile e maggio –, ma anche del bergamotto, configurandosi al tempo stesso come un antico simbolo del concetto di purezza.

Il motivo di questa associazione è da far risalire alla sua etimologia: zàgara viene infatti dall’arabo زَهْرَة (zahra), che oltre a voler dire fiore si utilizzava come sinonimo di splendore, lucentezza e prosperità. D’altronde, il periodo della sua fioritura coincide con l’arrivo della bella stagione, il che ha portato ad associare i fiori di zàgara non solo alla vita nuova che nasce, ma anche al periodo in cui di solito si decide di celebrare le nozze.

Ecco perché, specialmente nella Trinacria e nei Paesi mediterranei, oltre a consentire la produzione di un miele pregiato, la zàgara impreziosisce ancora oggi i bouquet di tante spose, diffondendo tutto intorno il suo aroma inebriante mentre si celebra l’unione per eccellenza fra due innamorati.

Tradizione vuole, peraltro, che l’usanza sia collegata a un’antica leggenda secondo la quale, un giorno, al re di Spagna venne domandato da un ambasciatore il permesso di tagliare un rametto da un profumato albero di arancio che il sovrano aveva ricevuto in dono. La richiesta fu negata e il diplomatico pur di ottenere la zàgara corruppe il giardiniere di corte, che con il denaro ricevuto poté destinare una buona dote al matrimonio di sua figlia.

La giovane, quando arrivo il giorno fatidico, decise allora di acconciarsi i capelli con il prezioso fiore di quell’albero, inaugurando una tendenza che i siciliani amano riprendere perfino ai nostri giorni.

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Traduttrice di formazione, nonché editor, correttrice di bozze e ghostwriter, Eva Luna Mascolino (Catania, 28 anni) ha vinto il Campiello Giovani 2015 con il racconto "Je suis Charlie" (edito da Divergenze), tiene da anni corsi di scrittura, lingue e traduzione, e collabora con concorsi, festival e riviste. Ha conseguito il master in editoria di Fondazione Mondadori, AIE e la Statale di Milano, e ora è redattrice culturale - oltre che per Sicilian Post - per le testate ilLibraio.it e Harper’s Bazaar Italia. Lettrice editoriale per Salani, Garzanti e Mondadori, nella litweb ha pubblicato inoltre più di 50 racconti.

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